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Giuseppe Conte, Renato Farina: "Bentornata realtà, ci voleva il calcio per oscurare il premier e il razzismo"

Renato Farina
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In questo momento gli italiani preferiscono la realtà e aborrono la finzione: cioè preferiscono il calcio al teatrino propagandistico di Giuseppe Conte e alle manipolazioni dei cervelli per convincerli che l'assassinio di George Floyd in America debba farci battere il petto in Italia. Deo gratias. Viva la Coppa Italia. Non ci interessa qui la qualità del gioco (scadente), e neppure se il Napoli meritasse di battere la Juventus (lo meritava). Ci preme notare che in questi giorni l'Italia è tornata in sé, meno propensa a farsi intortare. Mercoledì il programma più seguito sulle tivù è stato di gran lunga la finale di Coppa Italia (32 di share, più di dieci milioni di spettatori). Soprattutto è da giorni che il computo delle citazioni nell'ambito dei mass media, scritti e parlati, tradizionali e digitali, registra il dominio della Coppa Italia e delle sue partite non propriamente entusiasmanti. Più che i tornei oratori degli Stati Generali, infarciti di bubbole, ha destato l'attenzione degli italiani un torneo storicamente trattato dalle nostre parti come qualcosa di infinitamente inferiore a una partita di campionato tra due provinciali.

 

 

 

Altro che la francese Christine Lagarde con la sua Bce e i suoi Recovery Fund, ha stravinto l'albanese Elseid Hysaj con il suo Napoli e i suoi takle. Non che non siano importanti i soldi e il Covid: ma non crediamo più alla retorica delle mongolfiere. hysaj contro lagarde E così ecco il boom di Coppa Italia. È stato come se non si aspettasse altro. La spiegazione è questa: si è affermata la voglia di realtà senza trucchi, qui non c'è fotoshop, non c'è censura, al massimo l'arbitro è cieco, ma noi ci vediamo benissimo. Un gol è un gol. Una volta si diceva che il calcio fosse un'invenzione del capitalismo per impedire al popolo bue di rendersi conto della sua condizione. Adesso diventa un modo per sfuggire alla tenaglia delle fake news di lorsignori. Secondo voi rispecchia di più il corso degli eventi una conferenza stampa di Giuseppe Conte sulla mitica «resilienza», una tirata moralistica del Tg1 sull'infezione del razzismo in Italia, o un rigore di Dybala? Gli italiani dicono che oggi la realtà è il calcio, sia pure quello che fatica a sgranchirsi le gambe dopo l'inattività da Covid; è più onesto un tiro in porta; più leale lo sgambetto di un terzino rispetto allo spettacolo lontanissimo dai problemi e dalle gioie della vita di Villa Pamphili. E a proposito di razzismo, in tema ha fatto discutere molto di più lo scivolone della memoria di tale Sergio Sylvestre, un cantante che è un gigante americano di colore, e sarà certo simpatico, ma qui non ha avuto neppure la decenza di imparare le parole del nostro inno nazionale in apertura del match dell'Olimpico. Perché l'hanno scelto? - hanno pensato i più. E la risposta è stata: certo perché è nero, e così fa fino, fa anti-razzismo, fa solidarietà e si ricongiunge alle manifestazioni contro la polizia americana diffusesi in tutto il mondo e che hanno sfregiato la statua di Montanelli a Milano. Che miseria questo tentativo di spingere i telespettatori a obbedire al Dpcm della cultura progressista per cui ci si deve tutti genuflettere, o alzare il pugno chiuso come Sylvestre, per la morte di Floyd. giù quel pugno chiuso Non sono solo i dati televisivi di mercoledì a mostrare il giudizio degli italiani su che cosa sia reale e cosa posticcio. C'è uno studio di Mediamonitor.it a confermarlo con una sequenza di dati micidiali. Utilizzando una tecnologia e soluzioni sviluppate da Cedat 85, i ricercatori hanno rilevato che negli ultimi 7 giorni, su carta stampata, radio e tv nazionali la voce "Coppa Italia" ha raccolto 10.947 citazioni, il 22% in più del premier Giuseppe Conte (8.944) e il 70% in più di George Floyd, l'afroamericano soffocato da un agente di polizia a Minneapolis (6.418). L'analisi ha riguardato anche siti sul web e blog. In totale 1500 fonti di informazione. Tutto questo suona come un responso. Abbiamo tutti percepito la finzione, la lontananza dai nostri interessi del chiacchiericcio dei più alti papaveri e pennacchi d'Italia e d'Europa. E persino i mass media, nonostante l'evidente propensione a inchinarsi davanti a Conte e ai suoi cari (siano essi ministri, virologi o astronauti), hanno dovuto tener conto della pressione popolare, che non ne può più delle parate grottesche di palloncini gonfiati, e anteporgli l'agonismo pedatorio di partite senza pubblico, ma almeno i calciatori sono veri.

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