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Matteo Salvini indigesto, vietato mangiare le ciliegie: quando l'ideologia diventa odio politico

Renato Farina
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Il titolo più pregnante sulla tragedia che ieri ha scosso il mondo, facendo vibrare le galassie, è apparso su ilmessaggero.it: «Salvini mangia ciliegie mentre Zaia parla di bambini morti. È bufera social». L'orrore che ha suscitato la tempesta in migliaia di animi sensibili non sta nel fatto di questo piccolo eccidio, che ci fa scoprire come in Italia si possa ancora morire in fasce per un'infezione. Su quello nessuno si interroga e piange. Anzi, diciamola tutta, non se ne sarebbe accorto nessuno. Se non c'è qualcuno cui dare addosso di un'altra parte politica, chi se ne importa? L'indignazione che ha scatenato le saette di questo esercito di immacolati nasce non dalla strage di bambini ma delle ciliegie. Anzi, le ciliegie poverette non c'entrano, sono amate da tutti, nessuno ha mai pensato siano strumento di dileggio, salvo - ma prima non lo sapeva nessuno - che le mangi Salvini. Allora diventano complici di sacrilegio.

 

 

MANIPOLAZIONI
È la prima volta che capita. Uno mangia una ciliegia, due ciliegie, dieci ciliegie e di solito non capita mai niente, a meno che non usi il nocciolo per tirarlo in fronte al prossimo. Le ciliegie (o ciliege, come scriveva Oriana Fallaci) sono state da sempre intese - prima di ieri - come segno di fecondità, primavera gentile, augurio di futura prosperità, cibo degli angeli. La Madonna delle ciliegie di Tiziano, ma soprattutto quella del Barocci è simbolo di rinascita dopo i lutti della strage degli innocenti, e il bambino Gesù se ne ciba durante la fuga in Egitto. Naturalmente Matteo non lo sapeva, uno non ci pensa quando ha davanti un canestro di quei frutti, non fruga nella simbologia. Crede che se ti mettono davanti un cesto di ciliegie non siano destinate ai bacherozzi, e gustarle sia un modo di dire grazie dell'ospitalità e di onorare l'evento.

È così semplice. Ma la sinistra e i grillini hanno immediatamente interpretato e propalato nel mondo il portarsi alla bocca delle ciliegie come un modo per sfregiare e di maledire i cadaverini. Questo avrebbe fatto l'orco Salvini, il cannibale sovranista. Non era polpa di delicati frutti, ma carne di bambini, un pasto da zombi. Basta qualche nozione di semiologia da scuola serale, per comprendere lo spostamento di significato operato da questi manipolatori seriali della realtà. Salvini non mangia le ciliegie: mangia i bambini morti. Ovvio che nessuno lo scriva, ma è il sottofondo non detto, il deep meaning di questa accusa contro Salvini. Che dire? Ci prende un senso di desolazione. È proprio vero che l'ideologia e il pregiudizio deformano la vista, cambiano colore alle cose, le trasformano in pretesti per vomitare odio.

BATTERIO ASSASSINO
Inquadriamo le ciliegie nel loro contesto reale e infinitamente triste. A Verona è stato chiuso uno dei maggiori "punto nascite" del Veneto. La ragione di questa disposizione è la morte di diversi neonati. Il colpevole non è un virus, ma secondo gli specialisti sarebbe il batterio Citrobacter. Una commissione di medici e scienziati è al lavoro per capire cause e modalità di questo contagio. La decisione immediata è stata di isolare questo eventuale focolaio. Per mostrare vicinanza prendendosi carico di questi lutti, il presidente Luca Zaia ha illustrato tutto questo in conferenza stampa. Non scappa. Trasparenza assoluta, manifestazione pubblica di condivisione del dolore per i tre neonati e di determinazione nel combattere il morbo.

Salvini ha voluto esserci per esserci. Punto. Cioè per lo stesso e opposto motivo per cui Conte non presenzia a momenti di solidarietà fuori dagli ospedali lombardi. Questo è stato il senso della conferenza stampa. Ovvio che non si potesse fare nell'ospedale di Borgo Trento, per evidenti motivi di salute pubblica. Lì vicino però c'è un'osteria, in via Longhena, con una sala idonea. Al tavolo di ciascun relatore c'è un cestino con le ciliegie. E Salvini in attesa di prendere la parole ne fa l'uso più congruo. Dove sta lo sgarro? L'offesa? L'inciviltà? Sta nello sguardo malato di chi ha trasformato un gesto innocente nell'occasione per sporcare la reputazione morale di un avversario politico, usando i morticini come piedistallo per tirare meglio il fango.

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