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Vittorio Feltri e il metodo per calcolare quanto vivrai: "Faccio il conto e scopro che sono già morto"

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A volte mi stupisco di essere ancora vivo. A sentire gli esperti, quelli che vivono come me, e mi pare la maggioranza, non potrebbero superare la soglia dei quindici-sedici anni. Ne ho qualcuno di più ma, sia pure pro tempore, resto qui. Aspetto eventi, però non penso alla salute, una preoccupazione che lascio ai malati, soprattutto di mente. Un sano che avesse come unico scopo quello di conservarsi tale, perderebbe il suo tempo e il gusto di essere sano: primo, perché il solo modo per verificare la bontà o meno di un regime di vita è attendere la vecchiaia; se arriva significa che era un buon regime; se muori prima è tardi per correggerlo; secondo, perché essere igienista comporta sacrifici da malato grave. E allora tanto vale ammalarsi per ragioni più serie, tipo eccessi di crapuloneria. Ogni cosa ha il giusto prezzo. Per campare, diciamo, liberamente è necessario anzitutto evitare la frequentazione dei medici; persone degnissime ma che, non disinteressatamente, hanno la mania della salute degli altri. Sono come i meccanici: gli porti la macchina per il cambio dell'olio e al momento di pagare il conto ti avvertono che hanno cambiato anche le bronzine, la frizione e le valvole. Ottocentomila. Non era un'auto ma un catenaccio. Così il corpo umano: se ci metti le mani finisci che lo rompi del tutto. Anche maghi, guaritori, radioestesisti e perfino cartomanti sono catastrofici: se non hai mai preso malattie, te ne danno un paio. Pagando s' intende. Ma il pericolo maggiore è costituito dagli articoli scientifici. Guardate me: ho letto tanto contro il fumo che in effetti ho smesso. Di leggere. Il problema non si risolve combattendo il proprio modo di vivere, ma accettandolo. Altrimenti c'è il rischio di diventare antipatici a se stessi, cosa insopportabile, ove si consideri la stretta coabitazione cui siamo obbligati col nostro inconscio più o meno profondo. Come quelli che dicono: «attenti perché gli stress fanno male». A parte che non si capisce come mai si debba chiamare stress ciò che fino a trent' anni fa si chiamava logorio, e ammettete che è una parola molto meno stressante. Stress: solo a pronunciarlo, questo nome fa andare su la pressione. Gli studiosi giurano che è il guaio del secolo, avendo rubato il primato omicida all'infarto e al tumore. Anzi, con quest' ultimo lo stress avrebbe fatto un patto d'alleanza per sterminare l'uomo. Ogni stress è come se una zolla di terra volasse via di sotto i tuoi piedi: la tomba si aprirebbe così. Ma siamo matti? Chi ci crede è finito perché se alla paura dell'aldilà ci aggiungiamo quella dell'aldiquà, lo stress è tale che la morte a presa rapida è garantita. La dimostrazione che non potendo eliminare gli studiosi per motivi di ordine legale, è almeno necessario abolire gli studi, sta nella tabella punti preparata dagli psichiatri americani sui micidiali effetti dello stress. Se accumuli oltre trecento punti, le probabilità di restarci secco - affermano - son del 90 per cento. La morte di un congiunto vale 100, il divorzio 73, il matrimonio 50, una faccenda sessuale 39, la scadenza di un prestito 30, la riconciliazione del coniuge 45. E avanti di questo passo: una multa vale 10 punti di penalizzazione. In pratica, se faccio bene i conti, dovrei essere stato sepolto dodici anni fa. Per tutto ciò che fai, a sentire gli psichiatri americani, c'è una tangente da pagare, prelevando dal conto della vitalità. Un conto - spiegano - che non consente versamenti e, una volta esaurito, è esaurito anche il futuro. Ma tranquillizzatevi, un rimedio c'è: per non bruciare le batterie, cominciate a non accendere le lampadine d'allarme. Rilassatevi. E infischiatevene di tumori, infarti, leucemie, ulcere: l'importante è la salute. 
 

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