Pietro Senaldi, il 3 giugno riaprono le regioni: "Chi c'è dietro la svolta di Conte". Nomi e cognomi: che sorpresa
Giuseppe Conte ha passato i mesi dell'emergenza Covid-19 a dire che è l'ora dei competenti. Con questa frase stroncava ogni accenno di critica che gli venisse dai media o dall'opposizione. Per legittimare il proprio operato, il premier si è attorniato di 18 commissioni di esperti, ai quali però non ha mai dato la ribalta, cosicché nessuno ha mai saputo cosa i competenti pensassero davvero della gestione governativa della crisi e lui e i suoi ministri hanno potuto fare quel che volevano. Il governo si è distinto per comunicare le decisioni sulla vita dei cittadini la notte prima che esse entrassero in vigore ma promettere i soldi mesi e mesi prima del loro arrivo, generando null'altro che confusione e delusioni. Ha fatto eccezione ieri, annunciando per il 3 giugno il via libera agli spostamenti tra Regioni, in anticipo di quattro giorni. Suo malgrado, Conte alla fine ha ceduto agli esperti, quelli veri, che hanno combattuto il Coronavirus in ospedale, vedendo morire a decine le persone sotto i loro occhi, non quelli della sua corte dei miracoli annunciati e mai visti, che basculavano tra un salotto televisivo e l'altro.
Riportiamo le uscite degli ultimi giorni di alcuni camici bianchi operativi sulla linea del Piave. Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Farmacologico Mario Negri: «Il virus è più debole, sono finiti i malati con difficoltà respiratorie. Bisogna riaprire le scuole». Marco Bassetti, presidente della Società Italiana di Terapia Intensiva: «Il virus ormai quasi non gira più ma una serie di catastrofisti nega i fatti. Chi critica la Lombardia quanti studi ha pubblicato?». Andrea Gianatti, responsabile del reparto di Anatomia Patologica a Bergamo, l'uomo che ha visto più morti da Corona di tutti: «Grazie ad antinfiammatori e anticoagulanti abbiamo sconfitto il virus». Arnaldo Caruso, presidente della Società Italiana di Virologia, bresciano, anche lui per tre mesi sulla linea del Piave: «Ora i malati non hanno quasi più sintomi». Guido Silvestri, virologo all'Università di Atlanta: «Del ritorno del Covid-19 non c'è neppure l'ombra». Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma: «Attenti ai troppi virologi prezzolati che parlano in tv». Alberto Zangrillo, direttore di Anestesia e Rianimazione al San Raffaele di Milano: «Basta terrorismo, sarà un'estate tranquilla». Francesco Le Foche, responsabile di Infettivologia all'Umberto Primo di Roma: «Nuovi contagi sono improbabili, il virus morirà da solo». Il paradosso di Conte è che ha prolungato il tempo della emergenza per settimane dopo aver posto fine a quello degli esperti. Sulla riapertura preferisce farsi consigliare da Landini, Casalino, Orlando e Di Maio più che dai competenti. Al premier i medici vanno bene solo finché dicono quello che vuol sentirsi raccontare. Ieri ha dovuto cedere suo malgrado, piegato dall'insistenza delle Regioni, dei camici bianchi e dalla crisi economica del Paese, evidenziata con parole durissime anche dal presidente di Bankitalia, Ignazio Visco. Il premier si è fatto trovare impreparato dal calo dell'epidemia esattamente come fu colto di sorpresa dal suo esplodere. Ha cercato di tenere il Paese fermo il più a lungo possibile, per evitare, riaprendolo, che gli italiani gli chiedessero perché non ripartiva. Da oggi Conte non potrà sottrarsi all'onere di far tornare i conti degli italiani e non solo i propri. Consapevole di non esserne in grado, ha cercato di allontanare il più possibile questo momento. La realtà gli si è ribellata contro e ora facilmente farà proseliti.