Filippo Facci contro il Fatto Quotidiano: "Esempio di disinformazione scivolato sull'untuosa strisciata di lingua che dedica al governo"
Seguono due esempi di grave disinformazione a cura del Fatto Quotidiano dell' altro ieri, probabilmente scivolato sull' untuosa strisciata di lingua che ogni giorno dedica al governo.
1) Il vicedirettore Marco Lillo (pagina 11) racconta di essere stato in Canada proprio a marzo (grande tempismo) e di essere tornato con la paranoia da coronavirus per via di una «tossetta» e una «febbriciattola» di 37,3 (che è la mia esatta temperatura normale, per dire).
Allora, siccome la sanità per cose del genere non corre certo a farti il tampone (sennò dovrebbe farlo a 60 milioni di italiani, refertandoli dopo un periodo in cui farebbero in tempo ad ammalarsi altre tre volte) Lillo decide di fare da solo, o questo crede: ordina via internet un test sierologico made in Cina (5 euro l' uno, ma lui ne spende 270, perché li vendono a pacco) dopodiché si duole perché «si è dovuto bucare il dito da solo» (niente sala operatoria) e siccome però l' esito è ambiguo, e la linea dell' esito del test è grigina e non nera, telefona a un allergologo di Latina, che gli dice: «Lei è debolmente positivo all' Igg». Urca. Che significa? In realtà poco. Lillo deduce di aver avuto una forma blanda di coronavirus e di essere in pratica un asintomatico, e da lì in poi non ci capisce più un cazzo: perché quel test in ogni caso non serve tanto a capire se hai avuto o hai il morbo, serve a capire se ne sei immune a lungo termine (igG) o a breve termine (igM). Ma il test non ti dice, comunque, se sei infettivo o no. Ciò nonostante, Lillo ha scritto un' intera pagina per denunciare «l' insensato atteggiamento del governo che continua a vietare i tamponi e soprattutto vieta persino i test sierologici».
Ma i tamponi non sono vietati: sono selezionati. Neanche i test sono vietati: ne stanno cercando uno serio per tutti, sennò sarà la catastrofe. Il test, comunque, non sostituisce il tampone: il Ministero l' ha precisato più volte. Lillo prenda appunti: se mezzo mondo perde tempo per validare un test sierologico serio, è perché serve un test che indichi sì la «sieroprevalenza», ma anche, e soprattutto, quanti falsi positivi o falsi negativi possano risultare dal test: non si può - soprattutto in vista della fase 2, il lento ritorno alla vita normale - rischiare di mandare in giro milioni di falsi positivi e falsi negativi, come anche Lillo potrebbe risultare senza saperlo. Si cerca un test che sia affidabile almeno per nel 90 per cento dei casi. Il test che ha fatto Lillo per ora non è stato giudicato abbastanza affidabile: neanche nella versione più accurata e professionale, senza «lineette» da far valutare a un allergologo (?) o a suo cugino. La medicina fai da te è una sciagura. Presente il test di gravidanza? Di norma si fa, ma poi vai dal ginecologo per conferma o da altri ancora, fai altri esami, che sia nera o grigina la linea: ed è un test molto più affidabile e sperimentato del test cinese di Lillo, che è meglio - è un consiglio - che se ne resti a casa per almeno un paio di settimane.
LA PUBBLICISTA
2) La pubblicista Selvaggia Lucarelli (che vabbeh, è Selvaggia Lucarelli) l' altro ieri ha occupato un' altra intera pagina (la 6) per dimostrarci la sua ignoranza, che temiamo si possa estendere all' intero quotidiano, visto che ha pubblicato l' articolo e gli errori grossolani che contiene. La signora, sorta di attempata stagista del giornalismo tradizionale, ha intervistato con soddisfazione («l' incredibile racconto») un mentitore che aveva una polmonite interstiziale e che allora ha ben pensato di raccontare una balla ai sanitari (incontri ravvicinati con dei codognesi) pur di farsi ricoverare in ospedale quando gli ospedali scoppiavano: uno di quelli perennemente terrorizzati che chiedono continuamente il tampone, quel genere lì. Dopo una settimana di ossigenoterapia leggera, l' hanno dimesso e arrivederci. Però Marco - prosegue «l' incredibile racconto» - ha poi preteso tamponi per tutta la sua famiglia, si è procurato persino il numero di cellulare di Giulio Gallera (l' assessore alla Sanità) e lo ha tempestato di messaggi e telefonate: «Sono disperata», gli ha scritto Marika, moglie di Marco, «ho due bambini e mi sta tornando a casa un positivo al coronavirus». Allora. Spieghiamo. Marco, come la sua famiglia, è senz' altro molto giovane, come la moglie e i figli, e in quelle condizioni - con gli ospedali a dover selezionare chi doveva vivere e morire, in quei giorni - non doveva neppure essere ospedalizzato, ha rubato un posto a gente morente, e l' ha fatto mentendo. Aveva una polmonite interstiziale: se la poteva curare a casa sua, alla peggio con una bombola, come fa la maggior parte della gente che pure ha vaghi accenni di corona. Infatti l' hanno tenuto in corsia per una settimana, gli hanno fatto un po' di mascherina e ciao, tanti saluti.
LA PRASSI
L' hanno dimesso da positivo?
Ma questa è l' assoluta prassi, la normalità: quando uno è clinicamente guarito, si libera il letto (ci sono moribondi in lista d' attesa, vecchi che non respirano) e lo si manda a casa a fare una cosa che si chiama quarantena; se vive in famiglia, la quarantena può farla in teoria in un hotel (se disponibile) oppure, come la maggioranza, come decine di altri migliaia, a casa sua, a Cernusco sul Naviglio, tenendo le dovute distanze dai familiari e prendendo le precauzioni del caso. Gallera peraltro gli rispose pure, dicendo che Marco era guarito: che volevano? Tamponi per tutti? Ma agli asintomatici i tamponi non si fanno: se anche si scoprisse che sono positivi, non cambia niente, dovrebbero semplicemente vivere distanziati come facciamo tutti. È dal 24 febbraio che la linea guida è la seguente: i tamponi si fanno solo a chi presenta sintomi evidenti come febbre e tosse. Gran parte di noi - parentesi - probabilmente si è già fatta il coronavirus e neppure lo sa. Ma sentite il dialogo accademico tra la Lucarelli e questo Marco. Lucarelli: «Ma come guarito? Dimissioni non vuol dire per forza guarigione». Marco: «Infatti! Io ero positivo e lo sono stato ancora per 20 giorni, dopo che sono uscito». Ossia la normalità assoluta: non è che ti fanno fare pure la convalescenza in ospedale, servito e riverito: e questo vale per qualsiasi malattia infettiva. Poi Marco aggiunge, a peggiorare il quadro dell' ignoranza: «Mia madre era stata qui mentre ero infetto, è tornata in Sicilia con l' aereo da Bergamo». E lo dice pure. È andata a infettare la Sicilia. «Marco, alla fine sei tornato a casa da positivo» si stupisce la Lucarelli. Scoop. Titolo dell' articolo: «Dimesso, ma infetto: Gallera disse che era guarito». Infatti. Riassunto: un' ignorante ne ha intervistati altri due.