NON SENTIRTI IN COLPA SE NON HAI REAGITO!
Le donne che hanno subito violenze sessuali e non hanno reagito, non devono sentirsi in colpa per non essere state in grado di proteggersi.
Negli anni ho avuto allieve che hanno subito differenti tipologie di violenza. Ragazze vittime di stalking, ragazze picchiate dai "fidanzati", donne che hanno subito violenze sessuali. Purtroppo capita spesso che donne sopravvissute ad una aggressione sessuale possano sentirsi in colpa perché non sono state in grado di difendersi. Coloro che hanno sperimentato la risposta involontaria dell'immobilità (freezing) ritornano in continuazione alla violenza subita, incolpandosi del fatto di non avere fatto niente per fermare l'aggressore. Tutto ciò che vedono è loro stesse paralizzate dalla paura, incapaci di dire di no o di reagire. Potrebbero persino vedersi, con sgomento e senso di colpa, sorridere. Questi continui pensieri ossessivi possono causare veramente tanti danni emotivi. Donne che, nonostante da un punto di vista razionale, siano consapevoli di essersi trovate in uno stato di impotenza e di non aver avuto alternative, allo stesso tempo, trovano ancora il modo di incolpare loro stesse. Come mai molte donne vittime di aggressioni si immobilizzano e a volte sorridono ai loro aggressori? Il comportamento degli esseri umani è regolato da alcune funzioni neurologiche di natura involontaria. In scenari di estremo pericolo prevalgono degli schemi neurologici comportamentali involontari. Da una varietà di indizi sensoriali, i nostri circuiti neurali valutano quanto è sicura la situazione che stiamo vivendo e delle funzioni involontarie vengono attivate per far fronte agli scenari e agli stimoli ambientali. Il sistema nervoso autonomo si adatta in base allo scenario che percepiamo in tre modalità: 1)sicurezza: il sistema riduce l'attività delle difese, per intenderci ci si trova in una situazione percepita come tranquilla. Per esempio una ragazza sta guardando un film a casa di un amico; 2)pericolo: i sistemi di difesa assumono la priorità e quindi la parte del sistema nervoso deputata a questa attività aumenta il reclutamento di risorse metaboliche ed energetiche per supportare i comportamenti di attacco/fuga (sindrome di fight or flight). Questo avviene nel momento in cui si percepisce un pericolo e il nostro organismo, grazie ad un ingente rilascio di neurotrasmettitori nel circolo ematico, si prepara a fuggire o a difendersi aggressivamente. Per esempio una ragazza di sera sta camminando e si accorge che una persona la sta seguendo. 3)minaccia di vita senza possibilità di difesa o fuga: nel caso in cui, i nostri circuiti neurali, valutino di essere impossibilitati a fuggire e a difenderci, il nostro sistema nervoso si setta sull'immobilizzazione il freezing. Per esempio una ragazza viene minacciata con un coltello. La percezione del rischio è comunque soggettiva, in quanto varia a seconda del vissuto esperienziale della persona, del temperamento, delle competenze acquisite e dello stato d'animo del momento. Gli animali nel momento in cui sentono minata la possibilità di sopravvivere, si fingono morti. Con tale strategia la preda dissuade il predatore dall'attaccare. Molti animali infatti non mangiano cadaveri la cui carne potrebbe essere putrefatta, risultando velenosa. Questa risposta di immobilismo fa parte anche del repertorio umano, è una risposta fisiologica involontaria suscitata in situazioni di grande paura. Anziché fingersi morti, gli esseri umani attuano una dissociazione psicologica, ovvero percepiscono la situazione come se non stesse accadendo a loro ma come se stesse accadendo ad un altra persona; la mente difende se stessa da qualcosa di difficilmente sostenibile, in parole povere si protegge. Indipendentemente da ciò che pensiamo sia giusto fare, a livello teorico, in una data situazione, questa particolarissima risposta prende il sopravvento. I nostri corpi hanno sviluppato un meccanismo di difesa che ha alle spalle centinaia di migliaia di anni di successi in termini di sopravvivenza. Le donne sono ancestralmente il genere fisicamente più debole e più lento. All'interno di gruppi umani primitivi, qualora una donna fosse stata vittima della violenza di un maschio avrebbe avuto poche possibilità di fuggire o difendersi. Qualora l'avesse fatto le probabilità di riportare gravi ferite o di morire sarebbero aumentate. E' possibile quindi che si sia sviluppato uno schema comportamentale di sottomissione legato al genere, di tipo ereditario, che si tramanda lungo le generazioni. I comportamenti di sottomissione si verificano anche negli uomini nel momento in cui venga valutata una grande disparità di forze tra la vittima e l'aggressore. I bonobo e gli scimpanzé, quando hanno paura o sono nervosi a causa del comportamento aggressivo di un loro simile, scoprono i denti in un modo molto simile al nostro sorriso. È un gesto di sottomissione usato per placare gli aggressori e proteggersi dalla loro violenza. Nelle situazioni di grande pericolo la gamma di comportamenti volontari a nostra disposizione risulta fortemente ridotta. Il nostro corpo in questo momento supporta comportamenti auto protettivi passivi. Le persone traumatizzate o vittime di violenza, hanno bisogno di comprendere che la cosa importante era la sopravvivenza. Il primo passo per superare questi terribili traumi è convincersi di non avere nessuna colpa! Andrea Bisaschi