Ottanta miliardi di parole:dove sono i soldi per la crescita?
Per l'attuazione dei provvedimenti contenuti nel decreto sviluppo manca la copertura. Solo una settimana fa litigavano in Consiglio dei Ministri
Prima di tutto i numeri, perché su quelli non si può proprio barare. Per mettere le ali alla crescita e finanziare il tormentatissimo decreto sviluppo, Mario Monti ha tirato fuori dal suo cilindro ben 104,7 milioni di euro nel 2012. Per l'anno prossimo non aveva nemmeno quelli: bisognerà accontentarsi di 89,6 milioni di euro. Se si ha fede qualcosina in più arriverà negli anni successivi. Era il decreto che doveva fare stupire i mercati finanziari e i partner dell'Unione europea, riesce sì e no a stanziare cifre utili allo sviluppo della Polisportiva di Borgomanero. Per presentare questo programmino ieri ci sono volute ore di consiglio dei ministri, iniziato con uno scontro piuttosto acerbo fra il titolare dello Sviluppo economico, Corrado Passera e il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli. Guarda il video del vicedirettore di Libero, Pietro Senaldi, su LiberoTV Monti si fa i complimenti da solo Poi come scolaretti, tutti messi in riga dal prof. che è salito in cattedra, dettando la comunicazione. Monti si è fatto i complimenti da solo: «un corpo robusto di norme». Poi la scolaresca l'ha sparata grossina: «Questo decreto vale 80 miliardi di euro». Forse, se lo mettono all'asta, qualche estimatore si troverà. Difficile per quelle cifre. Se invece ci si riferiva a quel che mette in moto il decreto legge, carta canta. Sarà pure quella di Mario Canzio, ragioniere generale dello Stato che è lì per fare i conti e sembra non vada troppo d'accordo con mezzo esecutivo. I numeri però questo dicono: per trasferire dallo Stato a cittadini e imprese italiane quegli 80 miliardi sventolati, serviranno la bellezza di 896 anni. Il risultato sarà raggiunto nel 2908, e certo nessuno di noi sarà lì a verificare se l'Italia si sarà sviluppata come prevedeva Monti o no. Soldi vecchi La cifra più grossa enunciata dalla scolaresca ammonta per altro a 2 miliardi di euro, ed è rappresentata da un fondo unico per le imprese. Soldi nuovi? No, nemmeno un cent. Erano due miliardi a disposizione delle imprese nei vari capitoli dello Stato, che hanno scoperto che non venivano utilizzati. Hanno riunito i rivoli e formato un fiume: forse ora si utilizzeranno, forse no. La norma è però a costo zero. Project bond Secondo fiore all'occhiello: i project bond per le imprese. Anche qui, poca novità. I project bond esistevano già, solo che nessuno li emetteva. Si è pensato che tanto disamore fosse dovuto al trattamento fiscale, così si abbassa la tassazione al 12,5%, stesso trattamento fiscale dei titoli di Stato. Magari diventano appetibili. Proprio su questo punto c'è stato lo scontro fra Passera e Grilli. Il vice del Tesoro è sbottato: «Bella idea, così sottoscrivono project bond e non i Bot. Io le aste come le faccio?». La preoccupazione ha un minimo di fondamento. Per altro la norma viene considerata a costo zero: siccome nessuno lanciava project bond, lo Stato non incassava un euro dalla tassazione. Se si fa scendere il prelievo- sostiene la relazione tecnica- e qualcuno usa project bond, si incasserà più dello zero di prima. Se ha ragione Grilli, o se le imprese che lanciavano prestiti obbligazionari tassati a cedolare secca li sostituiscono con project bond, lo Stato ci rimetterà non poco. Ma il dubbio al momento non è stato considerato. Aria fritta Vengono aumentati gli sgravi fiscali per le ristrutturazioni edilizie dal 36 al 50%, e questi sono gli unici veri soldi contenuti nel provvedimento che daranno meno entrate. Ma solo dopo alcuni anni per procedure un po' tortuose. Per intenderci: con la norma lo stato incassa di più nel 2012 (13,7 milioni), un po' meno nel 2013 (3,1 milioni di euro) e a regime dal 2016 rimetterà 242,2 milioni di euro. Una svolta non proprio epocale, ma questa è vera. parte qualche sgravio mini disseminato qua e là l'unico articolo che fa uscire soldi dallo Stato verso le imprese è il numero 16: 55 milioni di euro. Sembra una piccola legge mancia, perché serve a ricapitalizzare minuscole società di trasporto in crisi. Sei milioni vanno a ricoprire il disavanzo di quella che gestisce i traghetti sul lago di Garda, su quello Maggiore e su quello di Como, tanto caro a Passera.Citiamo un salvagente inserito nel decreto: quello delle cambiali finanziarie per le pmi che dovrebbero arginare (senza costo per lo Stato) la stretta del credito bancario dovuta all'entrata in vigore di Basilea 3.Tutto il resto del provvedimento o è aria fritta, o grottesca retromarcia su altri provvedimenti di Monti (tre riguardano le già scarse liberalizzazioni varate) o rasenta la presa in giro. L'articolo 44 Se si vuole il simbolo di un'operazione tutta di facciata si deve andare all'articolo 44, quello che estende agli ultratrentacinquenni la recente norma sulla costituzione semplificata di srl. È stata presentata anche questo come un tassello per lo sviluppo. In realtà è una delle 80 miliardi di balle qui raccontate. Lo ammette perfino la relazione illustrativa: l'estensione a chi ha più di 35 anni è di facciata, perché non ci sono soldi per estendere le agevolazioni fiscali che restano solo per i giovani. La norma è stata introdotta solo per un vezzo del governo Monti: la versione precedente non era stata considerata dalla Banca mondiale nella sua classifica «Doing Business», sezione «Starting Business», propri perché la srl semplificata era limitata solo ai giovani. Cambiare il titolo della norma invece garantisce «un avanzamento di ben sei posti nella classifica generale». Manco corressimo per una medaglia: eravamo al 77° posto, ora saliremo al 71°. Le retromarce Tre retromarce clamorose riguardano le liberalizzazioni: congelate norme su taxi e noleggiatori auto per non rischiare infrazioni Ue. Indietro tutta sulle tariffe minime di architetti e ingegneri. Non si chiameranno più così, per non perdere la faccia, ma saranno di importo identico alle tariffe minime, altrimenti le stazioni appaltanti non sanno come valutare e pagare le loro prestazioni (successe la stessa cosa con gli avvocati). Terza retromarcia per le gare sul gas nei servizi pubblici locali: il governo si è accorto che le norme delle liberalizzazioni Monti sarebbero state impugnate. Varranno dalla prossima volta: dal 2024 in poi. Ce ne sarebbe mille altre da raccontare, ma basta questo a fare capire la grande beffa. di Franco Bechis