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La Lega crolla. Bossi scappaMaroni gli dà la colpa

Umberto Bossi

Sette sconfitte perse su sette nei ballottaggi. Bobo: "E' il prezzo degli scandali"

Nicoletta Orlandi Posti
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  Sette sconfitte su sette. La Lega crolla anche nei ballottaggi: cadono i vecchi fortini di Cantù (Como) e Tradate (Varese), cede per un solo voto di differenza la brianzola Meda, scivola dalle mani la bresciana Palazzolo sull'Oglio. Batosta a Senago, nel Milanese. Ko dolorosi pure a Thiene (Vicenza) e San Giovanni Lupatolo (Verona). Una Caporetto. E a rendere meno amara la situazione non è sufficiente ricordare il trionfo di Flavio Tosi a Verona, due settimane fa. Matteo Salvini, in pole per guidare la Lega Lombarda, guarda avanti: «Oggi parte la fase nuova per la Lega, una Lega che fa tesoro degli errori commessi ma che non cambia nome né simbolo e riparte per recuperare i nostri elettori che non hanno votato». In effetti, i piani di Roberto Maroni non cambiano di una virgola. Gli scandali e il fango degli ultimi mesi facevano immaginare risultati negativi. Tanto che qualche colonnello è arrivato a sussurrare: «Se potevamo scegliere, avremmo optato per imbatterci nelle grane prima di queste amministrative, anziché rischiare un crollo alle Politiche del 2013». Quindi la testa corre ai congressi. Se in Lombardia prima e in Veneto poi vinceranno Salvini e Flavio Tosi, Maroni è pronto a scendere in campo per la segreteria federale. Andasse male anche solo per uno dei due pupilli, Bobo si sfilerebbe. Infatti, anche ieri, ha auspicato «un ricambio generazionale» per i vertici del partito, e in serata ha lodato esplicitamente Salvini e Tosi annunciando su Facebook che «la traversata del deserto è finita». Poche ore prima aveva parlato da leader, analizzando il voto davanti ai giornalisti radunati in via Bellerio: «Abbiamo visto i risultati e non sono stati positivi: abbiamo pagato un prezzo altissimo alle vicende che hanno coinvolto la Lega dal punto di vista mediatico e da quello giudiziario». Maroni non ha gridato al complotto, ma si è limitato ad osservare che «certe paginate dei giornali ci hanno danneggiato», le storie di «paghette e lauree hanno fatto arrabbiare gli elettori verso Lega». Per il futuro, Bobo spera in «una Lega sempre più lontana da Roma per recuperare il rapporto con il territorio» perché «la nuova fase è quella di investire di più sul territorio per cambiare gli assetti di Roma». D'altronde non si torna più indietro, visti gli schiaffi rimediati alle amministrative e i guai giudiziari «che hanno colpito la Lega nelle ultime settimane». Serve ancora «pulizia», ha continuato l'ex responsabile del Viminale, ma «senza caccia alle streghe» e «chi ha violato il codice etico della Lega dovrà restituire e risarcire il movimento. Darò il massimo per far tornare» il Carroccio «protagonista».  Sul successo di Beppe Grillo, Bobo osserva: «Non lo demonizzo, sono curioso di capire come amministrerà Parma». Sul fronte interno, Maroni ha deciso di cambiare strategia. Da oggi in poi non darà più spago a chi lo definisce solo capo dei “barbari sognanti”, perché vuole rappresentare per davvero tutta la Lega. Un cambio di rotta necessario per ricompattare il partito e recuperare consenso. Anche perché alcuni dei bossiani più intransigenti stanno già malignando: la corsa solitaria caldeggiata da Maroni e le critiche al Senatur hanno causato l'emorragia di consensi. Lo dice chiaro la parlamentare veneta Paola Goisis: «La sola verità è che la Lega è  Bossi e Bossi è la Lega: il responso delle urne dice senza dubbio che  chi ha voluto colpire Bossi per distruggere la Lega, in questo momento  sta raggiungendo il suo scopo». Ieri, Umberto non ha commentato. A la Padania, domenica, aveva confidato: «Sono d'accordo su Maroni, festeggerò la libertà del Nord». di Matteo Pandini  

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