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Si è tradito sulle manette facili ai tempi di Mani Pulite. Il commento di Facci

Di Pietro in aula ai tempi di Tangentopoli

L'ex pm ribatte alle accuse, ma finisce per ammettere: non ho mai violato la legge, volontariamente

Andrea Tempestini
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  "«Cosa può dirci dei rapporti tra Craxi e Ligresti?». La domanda fu rivolta a Mario Chiesa pochi giorni dopo il suo arresto (17 febbraio 1992, alba di Mani pulite) e peccato che non c'entrasse un tubo con la faccenduola per cui Chiesa era stato arrestato. Ma per almeno un anno, di lì in poi, la parola «Craxi» diverrà la parola più ricorrente dell'intera inchiesta nonché «l'apriti sesamo» in grado di far lasciare il carcere a chiunque si decidesse a pronunciarla, venendo così incontro alle attese degli inquirenti. Ecco perché ci vuole un certo coraggio (o semplice ignoranza o cattiva memoria, a distanza di vent'anni) per negare o non ricordare che Bettino Craxi e il Psi siano stati palesemente l'obiettivo di Mani pulite sin dal principio", spiega Filippo Facci su Libero in edicola oggi. In questi giorni Antonio Di Pietro, uno dei grandi protagonisti di Tangentopoli, è stato accusato di aver usato in modo scriteriato la carcerazione preventiva nel corso dei giorni dell'inchiesta. E l'ex pm ribatte, ma si tradisce e finisce per ammettere: non ho mai violato la legge, volontariamente. E infatti sono i numeri a rivelare l'utilizzo politico che il pool fece delle manette. Per ogni reato - questo il metodo - si ipotizzava l'affiliazione a un sistema per giustificare la detenzione. E questo lo capirono tutti, non solo gli ex ambasciatori Usa (che oggi, seppur post-mortem, lo accusano). Leggi il commento integrale di Filippo Facci su Libero in edicola oggi, venerdì 31 agosto  

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