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I panni sporchi dei compagni di merende

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I partiti hanno imparato la lezione di Belsito, Lusi e Fiorito: per nascondere le spese pazze e lo sperpero dei soldi degli italini la cosa migliore è scegliersi i controllori in casa propria

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Maurizio Belpietro I politici si fregano i soldi dei partiti, cioè denaro degli italiani gentilmente messo a disposizione dallo Stato per finanziare le campagne elettorali? Per ovviare allo spiacevole inconveniente che ha visto nei mesi scorsi  coinvolti tutti gli schieramenti,  dalla Margherita alla Lega, con i tesorieri presi con le mani nel sacco, d'ora in poi i gruppi parlamentari dovranno autocertificarsi i bilanci. Saranno cioè gli stessi politici a verificare se i politici rubano.  In base al nuovo regolamento ogni gruppo dovrà nominare un apposito comitato di saggi che vigilerà sulla gestione amministrativa e contabile, attestando la regolarità nell'utilizzo dei fondi. Una soluzione geniale: un controllo fra compagni di merende, che consentirà di lavare in famiglia i panni sporchi. Sempre che ci sia qualcuno che abbia voglia di lavarli. A stabilirlo è stata la giunta per il regolamento di Montecitorio, la quale ha respinto la proposta di far certificare i bilanci da una società esterna, non senza aver prima ribadito che i contributi della Camera non devono essere destinati ad altre funzioni che quelle istituzionali  e parlamentari. Nell'assumere questa importante decisione, la giunta ha tenuto a ribadire che i fondi pubblici non possono essere usati a scopi privati. Già, meglio dirlo, dato che negli ultimi tempi il denaro erogato per finalità politiche in realtà ha imboccato un'altra strada, quella delle tasche di qualche onorevole. Luigi Lusi, l'ex tesoriere della Margherita che ieri si è ritirato in convento, e non per la vergogna ma per sottostare a un ordine di carcerazione domiciliare, con i soldi del partito si era fatto un paio di residenze, una in campagna e l'altra nella Capitale. Ma non di rado usava la carta di credito del partito per farsi due spaghettini al caviale e qualche viaggetto. Francesco Belsito, il cassiere buttafuori della Lega, il denaro invece lo spendeva per comprare diamanti, pagare le multe del Trota, il figlio di Bossi, e per le lauree della sacra famiglia: non c'è scappata una casa ma solo perché a quanto pare per gli investimenti immobiliari è stato usato il ricavato del lascito di una militante. Le ville e gli appartamenti sembra fossero il pallino anche di Franco Fiorito, l'ex capogruppo del Pdl nel Lazio, il quale pur non essendo deputato si è applicato come i tesorieri di caratura nazionale nello svuotamento delle casse del partito, comprando casa nel parco del Circeo e concedendosi, al pari di Lusi, qualche pausa a base di ostriche e champagne. Ovviamente non è che nei casi succitati non ci fossero dei revisori ad affiancare gli addetti alla cassa. I controllori c'erano, anche se volontari e non previsti da alcun regolamento. Ma anziché controllare, si devono essere distratti. Per cui i bonifici periodici con cui i tesorieri si appropriavano di soldi pubblici non li hanno visti. Se c'erano dormivano e se non dormivano avevano  gli occhi rivolti altrove. Certo, i politici messi a guardia della cassa avevano l'ambizione di fare politica, non di controllare gli scontrini. Risultato: sono spariti molti milioni, finendo sui conti personali dei contabili di partito. E ora che si è scoperta la truffa e l'opinione pubblica è furente, ecco la giunta dei regolamenti parlamentari risolvere il problema alla radice, nominando il comitato di saggi. Sarebbe stato meglio affidare la verifica della regolarità delle spese a una società specializzata tra le tante che già lo fanno per le aziende quotate in Borsa. Però c'era il rischio di violare le prerogative del Parlamento. Ve lo immaginate? Un segugio di una società di revisione contabile chiamato a valutare se è giusto spendere 6 mila euro per una cena a base di tartufo e champagne? Significherebbe violare l'autonomia del Parlamento. E come si fa? Mica si può mettere sotto tutela gli organi costituzionali. E poi c'è la privacy dell'onorevole. Dunque, via all'autocertificazione. La banda Bossotti potrà scrivere che tutto è stato speso regolarmente e anche la ristrutturazione della casa di Bossi a Gemonio rientrerà nell'attività della Lega. L'associazione a delinquere di Lusi potrà auto attestare che la villa di Genzano serviva per le riunioni della Margherita e per questo motivo era stata predisposta una piscinetta sul terrazzo. Perfino er Batman, il consigliere regionale Fiorito, potrà giustificare la sua tenuta nel parco come un investimento istituzionale, ancorché abusivo, per chiamare a raccolta i militanti del Pdl.  Insomma, saranno i partiti a dire chi ruba, o, meglio, ad assicurare al Parlamento che non stanno rubando. Così l'indipendenza dell'organo costituzionale sarà salva. Un po' meno il portafogli degli italiani.   

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