Per pagare le tasse dei proflavoriamo dieci giorni in più
Tre giorni soltanto per l'Imu. Rispetto a dieci anni fa le giornate in più sono 17
Per pagare le tasse, rispetto a dieci anni fa, i contribuenti italiani devono lavorare 17 giorni in più. Questa la dura fatica necessaria per "mettersi in pari" con contributi, balzelli e tasse. La causa dell'allungamento dei giorni lavorativi necessari ad assolvere i propri obblighi con lo Stato è dovuta al progressivo incremento della pressione fiscale negli ultimi anni e all'impennata che è seguita all'arrivo del premier Mario Monti. Se nel 2002 la pressione fiscale era del 40,5%, quest'anno si attesta al 45,1 per cento: è quanto mette in evidenza la Cgia di Mestre, che sottolinea che "se la comparazione si fa con il 2011, invece, i giorni di lavoro in più sono dieci, tre di questi solo per l'Imu". Per pagare le tasse introdotte da Monti, in buona sostanza, siamo costretti a lavorare dieci giorni in più. Il giorno di liberazione fiscale - L'Ufficio studi della Cgia ha preso in esame il dato di previsione del Pil nazionale e lo ha ripartito per i 365 giorni dell'anno per ottnere un dato medio giornaliero. Quindi ha preso in considerazione il gettito di imposte, tasse e contributi che i contribuenti versano nelle casse dello Stato, per poi dividerlo per il Pil giornaliero, ottenendo il cosiddetto"tax freedom day", che nel 2012 è caduto lo scorso 14 giugno. “In virtù di questa impennata, i contribuenti italiani hanno subito un forte aumento dei giorni lavorativi necessari per soddisfare le richieste del fisco. Se 10 anni fa occorrevano 148 giorni per raggiungere il giorno di liberazione fiscale, nel 2012 si sono resi necessari ben 165 giorni lavorativi. Lavorare 165 giorni all'anno per lo Stato – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – ci dà l'idea di quanto sia eccessivo il nostro fisco". "Pressione reale al 54%" - "Ormai sui contribuenti onesti grava una pressione fiscale reale che arriva a superare il 54%, un carico che non ha eguali in quasi tutta Europa”. Bortolussi prosegue spiegando che per far scivolare indietro il giorno di liberazione fiscale si deve "contrarre in maniera strutturale la spesa pubblica improduttiva e ridurre le tasse. Per far questo è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale che, a mio avviso, è l'unica strada percorribile per raggiungere questo obbiettivo. Infatti, le esperienze europee ci dicono che gli stati federali hanno un livello di tassazione ed una spesa pubblica minore, una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità", conclude il segretario della Cgia di Mestre.