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I Watussi del diabete e i giganti della Milano-Sanremo

La scalata del Kilimangiaro e le tappe delle gare ciclistiche vissute da professionisti. Anche con il diabete

Maria Rita Montebelli
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I sogni sono più forti di tutto. Anche del diabete. Ricevere la diagnosi di questa malattia quando si è poco più che bambini o nel pieno dell'adolescenza è un colpo duro, per chi ne affetto, e per le famiglie. Ma come sempre anche le difficoltà apparentemente più insormontabili, diventano affrontabili se gestite in maniera razionale e con le giuste ‘istruzioni per l'uso'. E che non si tratti di retorica muffa e stantia lo dimostrano le eccezionali imprese dei ragazzi facenti parti del Team Novo Nordisk, una squadra di ciclisti professionisti, che affrontano la Milano-Sanremo o il Tour del France, armati di tanta grinta e la giusta dose di insulina, ma anche l'impresa dei giovani della ‘Type 1 Diabetes Kilimanjaro Expedition', supportata da Sanofi Diabete,  che il 4 settembre scorso sono arrivati sulla cima della montagna più famosa d'Africa, controllando gli alti e bassi della glicemia e il mal di montagna con grinta, determinazione e grande conoscenza dei segnali del proprio corpo. Sono storie vissute per ispirare gli altri, per far capire che con il diabete si possono affrontare anche imprese impegnative e portarle a termine senza mettere a repentaglio la propria vita. Vivendo i propri sogni, con i piedi per terra insomma, anche quando si è in cima ad una vetta sopra l'arcobaleno o lanciati nella volata d'arrivo della Milano Sanremo.  Storie di ragazzi ‘affamati di vivere' come Delphine Arduini, la fondatrice dell'associazione  World  Diabetes Tour e ispiratrice dell'impresa sul Kilimangiaro. “Ho solo questa vita – afferma decisa la piccola grande Delphine – e me ne voglio godere ogni singolo momento. Spero che questa impresa ispiri le persone con diabete di tipo 1 e faccia loro capire che, diabete o no, tutti possono vivere la propria vita e dare corpo ai propri sogni”. Alla spedizione sul Kilimangiaro hanno preso parte 14 persone, di cui 12 con il diabete. Seguendo la via Machame, in sette giorni il team ha coperto un dislivello di oltre 4 mila metri, passando dallo scenario della foresta tropicale a quello dei ghiacciai eterni e raggiungendo la vetta dei 5.895 metri il 4 settembre scorso. “Ma i veri eroi di questa avventura – sottolinea Delphine – sono i due del gruppo che hanno mollato prima di raggiungere la vetta; grande saggezza e amore per la vita: per vivere al meglio i propri sogni, bisogna anche sapere quando fermarsi, che non significa, è ovvio, gettare la spugna”. E spesso, ancora troppo spesso, più che con il diabete, si è chiamati a lottare e a confrontarsi con pregiudizi e cattive informazioni che arrivano a volte anche dagli stessi addetti ai lavori. “La diagnosi di diabete – ricorda Paolo Cravanzola, un bel ragazzo bruno che indossa il suo microinfusore di insulina sotto la maglietta attillata da ciclista - già dura di per sé, nel mio caso è stata accompagnata dalla notizia che avrei dovuto mettere da parte il sogno di una carriera come ciclista professionista. Avevo diciotto anni e con tanto impegno e tanto allenamento, ero arrivato a un livello importante, ad un passo dal firmare un contratto con un team di professionisti. Questa notizia mi ha distrutto; ho mollato tutto per due anni. Poi, da qualche parte ho letto di questo gruppo di ragazzi tutti con il diabete che correvano nel team Novo Nordisk. Mi sono messo in contatto con loro, ho fatto uno stage di cinque giorni dove mi hanno spiegato come assecondare i capricci del diabete durante uno sforzo fisico importante come quello di una gara. Ho ripreso a allenarmi e dopo sei mesi avevo in tasca il contratto firmato con questo team di professionisti. Il diabete non è un ostacolo e non dobbiamo permettere a questa condizione di rallentarci”. Il team Novo Nordisk, che comprende anche triatleti e runner, è il primo al mondo ad avere una squadra di ciclisti professionisti tutti con diabete di tipo 1. (LAURA BELLI)

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