Caso Ruby, le anomalie della sentenza

Ergastolo politico a Berlusconi. Ma i conti non tornano: ecco perché la magistratura di Milano ha calpestato il diritto
di Andrea Tempestinidomenica 30 giugno 2013
Berlusconi nel mirino: visto da Benny

Berlusconi nel mirino: visto da Benny

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Non una sentenza, una mazzata. Un colpo durissimo che fa vacillare il governo: per Silvio Berlusconi, nel processo Ruby, la condanna è superiore alle richieste dell'accusa guidata da Ilda Boccassini. Per il Cav sette anni di carcere ed interdizione a vita dai pubblici uffici: la magistratura vuole condannare l'ex premier e i suoi 10 milioni di elettori all'ergastolo politico. Il pool di Milano ha ravvisato entrambi i reati contestati: quello di concussione (con un aggravante: la costrizione) e quello di prostituzione minorile. Berlusconi era pessimista: "La sentenza è già scritta, so che mi condanneranno. Mi vogliono far fuori", spiegava. Ma se possibile è andata anche peggio del previsto. A nulla è servita l'ultima mossa di Niccolò Ghedini e Pier Lungo, che in mattinata hanno integrato l'arringa difensiva dello scorso tre giugno con un documento di sette pagine, dove controbattono alcuni passaggi della requisitoria dei pm oltre a quelli già analizzati nell'arringa e nelle quasi 400 pagine delle altre due memorie depositate in passato.  "Ergastolo politico" - La Boccassini, come accennato, aveva chiesto sei anni di condanna per il Cav, cinque dei quali per induzione indebita (la concussione, trasformata poi nel dispositivo in costrizione indebita, che vale sei anni al leader Pdl) e un altro anno (richiesta accolta dalla sentenza) per il reato di prostituzione minorile. Ilda la rossa, inoltre, aveva chiesto come pena accessoria l'interdizione a vita del Cav dai pubblici uffici: ed "ergastolo politico", almeno in primo grado, è stato. In questo processo, principalmente, c'erano due nodi da sciogliere: il Cav ha fatto sesso con Ruby pur sapendo che fosse minorenne e ha poi "pagato" il suo silenzio? Quella notte in cui Karima fu affidata a Nicole Minetti, in Questura a Milano, si concretizzò il reato di concussione?  Cosa non torna - Il pool di Milano non ha avuto alcun dubbio: per le toghe il "sistema prostitutivo" esiste, Berlusconi ha fatto sesso con Ruby e l'ha anche pagata, e inoltre avrebbe concusso i funzionari della Questura di Milano (Iafatre e Ostuni). Peccato però che ci siano molte, tante cose che non torano. Ruby, per esempio - e come lei molte altre Olgettine, dentro e fuori dall'aula - ha sempre detto di non aver mai avuto rapporti sessuali con l'ex premier. I pm però la pensano diversamente, e si basano sulle intercettazioni. Quelle stesse intercettazioni (si parla del sesso con Berlusconi) derubricate a "scherzo per vantarsi con gli amici" da Karima stessa. Sulla minore età, inoltre Ruby ha sempre detto di aver mentito e di aver mostrato un passaporto falso, con il quale accreditava la tesi di essere la nipote di Mubarak. Niente da fare. Ruby non viene ascoltata. Le toghe, guidata dalla Boccassini (incredibilmente assente nel "giorno del giudizio" a Milano), sono certe dell'esistenza di quel "sistema produttivo" che aveva come suo epicentro e unico universo la villa di Arcore. "Induzione indebita" - L'altro punto controverso riguarda la notte in Questura. Il nastro si riavvolge fino al 27 maggio 2010, quando Ruby fu fermata dopo una segnalazione per furto. Berlusconi, allora premier, da Parigi dove si trovava per un vertice Ocse, chiamò alle 23.49 il capo di gabinetto Ostuni parlando della nipote di Mubarak, del possibile incidente diplomatico e avvertì che la Minetti era in arrivo. Karima, poiché minorenne, venne affidata alla allora consigliera regionale dell Lombardia. Le toghe condannano il Cav per concussione (con l'aggravante della "costrizione", che nel dispositivo sostituisce l'"induzione"), sostenendo che ci sia stata un'indebita inteferenza di Berlusconi per ottenere il rilascio del Cavaliere.  Niccolò Ghedini, legale dell'ex premier, sostiene invece che non ci fu alcuna richiesta di rilascio. Ma è un altro l'elemento di più forte criticità: i tre funzionari di polizia coinvolti - Ostuni, Morelli e Iafrate -, i "concussi", non si sono mai costituiti parte civile. Cav condannato per concussione, pur senza concusso, insomma. Una situazione per certi versi analoga a quella di Ruby: una parte lesa che non si è mai dichiara tale.