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Il nuovo femminismo uscito dalle sfilate milanesi

Daniela Mastromattei
Daniela Mastromattei

Daniela Mastromattei è caposervizio di Libero dove si occupa di attualità, moda e costume, adesso anche "in prestito" alla politica. Ha cominciato a fare la giornalista al quotidiano Il Messaggero, dopo un periodo a Mediaset ha preferito tornare alla carta stampata

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La moda milanese proietta la donna nel futuro, dove sarà libera finalmente  di «scendere dal tacco 12» (parola di Ennio Capasa), consapevole che «piacersi è più importante che piacere» (Frida Giannini pensiero). Un nuovo femminismo (uscito da una settimana di sfilate) che disegna una donna tosta, forte ma mai aggressiva, femminile senza sdolcinature, attraente perché scevra di sguaiatezze. È una vera rivoluzione del costume quella portata in scena dagli stilisti nei sei giorni di sfilate milanesi. Quindi  per il prossimo inverno  vince lo stile minimale: basta eccessi, largo a linee pulite e tagli essenziali. Pulizia e rigore sono come la tela di un pittore su cui cimentare la propria creatività. Un esercizio di stile che si concentra nelle lavorazioni, elaborata spesso quasi nascoste, come l'agugliato, che si è visto un po' ovunque, e nei tessuti, con nuove e complicate trame, ma passa anche per i colori, con la riscoperta del difficilissimo marrone e dei delicati e donanti toni polverosi. Nel dettaglio: si celebra  il ritorno del blazer, ma oversize, al maschile, anche con spalle segnate, in tessuti sartoriali, ingentilito da bottoni gioiello o arricchito da revers in velluto o in pitone. La giacca del completo non solo vira alla versione da uomo, ma si trasforma in un morbido blouson, magari abbinato a una gonna svolazzante, anche se in passerella, più che sottane, si sono visti pantaloni. Due i modelli che si sono imposti: aderente alla coscia e largo sul fondo, un po' anni Settanta, da portare con gli stivaletti a tacco alto, oppure a sigaretta, dal taglio maschile, da abbinare a stringate femminilizzate da un nastro in gros grain o a slippers preziose. Pulizia e rigore anche per gli abiti, spesso a tunica, o ad A, come si usava negli anni Sessanta, comunque corti: strong in pelle o in pitone, ricchi con decori di cristalli, neoromantici con ruches, ma sempre abbinati a stivali piatti, anche cuissard. Lunghezze ridotte anche per le gonne, quasi sempre sopra il ginocchio, nella variante a matita o svolazzante, quasi mai longuette. La difficile lunghezza a metà polpaccio passa infatti dalle sottane alle braghe, con i nuovi pantaloni ampi che lasciano scoperta la parte terminale delle gambe e richiedono caviglie sottili, a meno di non nasconderle sotto un bel paio di anfibi, magari ingentiliti da borchiette dorate e persino da motivi di cristalli. Scarpe preziose e decorate quanto le borse, ma sempre dalle linee rigorose, tra la doctor bag e la clutch, il bauletto e la tracolla. Tra i capispalla il classico cappotto, anche qui dalle forme over e dal taglio quasi maschile, si arricchisce non solo di colli e polsi di pelliccia, ma persino di tasche e spalle pelose. Ed è lei, la pelliccia, una delle grandi protagoniste del prossimo inverno, nella versione selvaggia della capra, corta e vaporosa, o in quella sofisticata del visone, intarsiato e colorato come un quadro. Bella soprattutto nella variante ecologica e animalista. Sono poche, ma segnano comunque una tendenza a una rinnovata voglia di eleganza, le cappe, di lana o di raso, ricamate o intarsiate, con piume o cristalli, da abbinare a lunghi abiti da sera, dritti a colonna o di svolazzante chiffon, grafici o floreali, carichi di cristalli o minimali, comunque meno presenti del solito, per una donna che alle occasioni mondane preferisce la vita reale.  Foto: collezione di Giulia Marani

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