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Quando spontaneità va rima con volgarità

Daniela Mastromattei
Daniela Mastromattei

Daniela Mastromattei è caposervizio di Libero dove si occupa di attualità, moda e costume, adesso anche "in prestito" alla politica. Ha cominciato a fare la giornalista al quotidiano Il Messaggero, dopo un periodo a Mediaset ha preferito tornare alla carta stampata

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C'è chi la chiama moda e chi sciatteria. Chi la reputa libertà e chi indecenza. Alla Camera si raccolgono firme contro l'abbigliamento indecoroso delle parlamentari. Il deputato di Fratelli d'Italia Federico Mollicone invoca le pari opportunità lamentandosi in Aula per le scollature delle colleghe: un look inappropriato, specie perché i parlamentari uomini sono obbligati alla giacca. La richiesta di un look più morigerato esteso alle donne sedute sugli scranni fa apprezzare il desiderio di voler tornare al dress code. Quando il buon gusto vacilla non resta che affidarsi alle regole. «C'è chi sfila con dei completini che saranno pure griffati ma di certo sono inopportuni, autentici copricostumi. Roba da cubiste impazzite con le tette al vento. Pizzo e carne...», sbotta l'onorevole Giusy Versace di Forza Italia che non ha paura di passare per bigotta. Trova eccessiva invece la raccolta di firme Maria Palli, deputata del Movimento 5 stelle, e avrebbe ragione se tutte le parlamentari conoscessero il bon ton. Ma non è così, come non lo in altri ambienti di lavoro, dove troppo spesso spontaneità fa rima con volgarità. Il suggerimento «ognuno si vesta come meglio crede» della grillina è un invito alla sregolatezza, al non rispetto per colleghi e istituzioni. La Pallini prova persino a darci una lezione di stile: «Quelle che per voi sono infradito, in realtà sono scarpe-gioiello, anche molto costose. E ci sono scarpe da ginnastica che in realtà sono scarpe da passeggio. Non è sciatteria, è moda». Se lo dice lei... Facciamo un salto a Parigi, dove si è conclusa ieri la settimana dell'alta moda: 35 aziende hanno presentato le loro collezioni per l'autunno-inverno 2019/2020. E guarda caso, si è sentito forte un ritorno alla sobrietà persino in chiave Couture con Virginie Viard, successore di Karl Lagerfeld, da Chanel. Sobrietà con pochi accessori, tacchi di altezza media e beauty look naturali. Sullo sfondo di una scenografica libreria su due piani, la Viard non ha messo in scena nessuna irriverenza kitsch ma piuttosto una rivisitazione dei grandi classici del brand, dai pantaloni tailoring larghi indossati dalla stessa Coco Chanel negli anni '30 alle giacche di tweed con maniche più corte e spalle rotonde. Anche Giorgio Armani col suo Armani Privè si affida al rigore contemporaneo. Una sfilata da maestro di eleganza, a tratti romantica. Un trionfo di tulle, di pois, di stole di marabù, di robe manteau di velluto solcati da migliaia di perle e di cristalli per una donna che attraversa il mondo con tocco fatato tra gonne ampie e a ruota e a balze degradè, doppiate di leggeri strati e strati, in colori sognanti come il rosa cipriato, l'azzurro nuvola, il verde giada.

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