Il coraggio di Azina di uscire dall'incubo
La storia di una giovane donna marocchina che ha denunciato le botte del marito
Si chiama Azina e viene del Marocco, ma con la famiglia abita già da tempo in una città di provincia del nord. E' giovanissima e bella. Si è sposata a sedici anni con un bel ragazzo, Mohamed. Dalla loro storia nasce una figlia. Poi comincia il dejà vu: botte, violenze, segregazione in casa, soldi pochi, niente, quando ci sono. Mohamed non lavora, sta al bar per i suoi traffici, ogni tanto viene il padrone di casa a chiedere inutilmente l'affitto. Azina torna dai suoi genitori, il marito la va a riprendere con le buone e le cattive. Azina ha la forza di denunciarlo, ma viene abbandonata dalla sua famiglia, impossibile concepire una moglie che tradisce così il proprio sposo, ribellandosi ai doveri coniugali. Siamo nel 2011, ma è come non fosse cambiato nulla per chi ha queste credenze. Oggi Azina lo ha denunciato per maltrattamenti ed abbandono della figlia, ma ancora diserta l'aula per paura. Mohamed nel frattempo, ha truffato i datori di lavoro, i padroni di casa, ha portato la sua famiglia marocchina a farsi curare gratis negli ospedali italiani, ha commerciato droga, ha guidato ubriaco, ha rubato, ha percosso e maltrattato la moglie, ha subìto processi e condanne, senza mai comparire in tribunale, intanto giudici pagati dai cittadini italiani lo difendono mentre tranquillamente passa i suoi pomeriggi nei bar in una normale cittadina della ricca provincia del settentrione d'Italia. Ci si chiede: non è un po' troppo? Sì, è troppo. E' sempre troppo doloroso vedere la sofferenza di una giovane donna, che ora non può contare su nessuno, se non sulla propria forza. Ad Azina, che ha avuo il coraggio di denunciare, è andata meglio della sua connazionale Sanaa Dafani (in foto), sgozzata in un bosco, vicino a Pordenone, dal padre che ostacolava la sua storia d'amore con un italiano. E' andata meglio che alla pachistana Hina, che voleva vivere all'occidentale e si è trovata di fronte il coltello del padre e degli altri uomini della famiglia. Sacrificata nell'orto come un animale in nome della religione islamica. Sepolta con la testa rivolta alla Mecca. E non si sa ancora chi sono i responsabili dell'orrenda morte di Fatima Mostayd, 19 anni, massacrata a Dronero con 16 coltellate al torace. In Piemonte era arrivata da poco più di un anno, pr fare l'operaia in una ditta di biciclette.