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Trapianto di cuore? Il pm, non basta per un legittimo impedimento. Così Grossi ha fregato i giudici: è morto

Il re delle discariche non c'è più. Resta la sua collezione di auto: più di 200 Porsche, Ferrari, Maserati e Lamborghini

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Dopo essere stato inseguito per mesi da molti pubblici ministeri, Giuseppe Grossi detto Pino, il re delle discariche del Nord Italia, alla fine li ha beffati tutti. Ha lasciato a bocca asciutta i giudici di Milano che hanno messo sotto inchiesta una parte del Pdl, ma anche quelli di Monza che stavano indagando sul Pd per l'aerea di Sesto San Giovanni. Soprattutto ha beffato il pubblico ministero Laura Pedio e i giudici del tribunale di Milano che il 16 febbraio scorso rifiutarono a Grossi il legittimo impedimento a non partecipare a un processo per fare un trapianto di cuore. Con magistrati incapaci almeno di un minimo  di buonsenso c'è ben poco da fare. Ma Grossi ha trovato la soluzione estrema per beffarli: dieci giorni fa o poco più è morto, proprio in seguito al trapianto di cuore. E nessun magistrato potrà più inseguirlo e non considerare questo nuovo fatto come "legittimissimo impedimento". Non so molto della storia imprenditoriale e giudiziaria di Pino Grossi. Però l'ho conosciuto quasi per caso: nell'agosto 2010 ho pranzato con lui e altre persone che conoscevo in una trattoria di Sant'Arcangelo di Romagna celebre per le tagliatelle fatte a mano. Insieme a Grossi c'era anche un suo vecchio amico ciclista marchigiano, gran cercatore di tartufi. Chiaccherando Grossi mi raccontò la sua passione vera: le Porsche. Mi disse che aveva tutti i modelli mai esistiti nella storia della Porsche salvo tre varianti degli anni Cinquanta e Sessanta destinate al mercato americano e asiatico. Aveva più di 200 auto, quasi tutte Porche, più Ferrari, Lamborghini, Maserati. Mi spiegò che non c'era paragone fra come funzionavano le Porsche e le Ferrari, e che queste ne avevano sempre una. Gli chiesi: "scusi, ma dove le tiene tutte queste auto?". Mi raccontò di avere preso una sorta di fabbricato- hangar alle porte di Milano dove le teneva. Gli chiesi: "E quando le usa?". E lui: "la sera quando finisco il lavoro vado lì e me le guardo. Ogni tanto ne tiro fuori qualcuna e faccio qualche giro lì intorno. Sono tutte funzionanti". Gli chiesi perchè mai non aveva fatto di quell'hangar un museo, magari con biglietto a pagamento. "perchè un piacere vero è molto personale. Non potrei condividerlo con i visitatori. Almeno finchè sono in vita". Ora che Grossi non c'è più, forse varrebbe la pena fare di quell'hangar un museo dell'auto. Magari la stessa Porsche potrebbe darsi da fare con gli eredi...

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