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Benedetti i droni

Gli americani fanno fuori un predicatore di Al Qaeda più pericoloso di una bomba

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God bless the drone. Dio benedica i droni che hanno stroncato Anwar al-Awlaki. Nessuno, fra l'altro, dovrebbe maledire l'attacco aereo degli Stati Uniti nello Yemen che, ieri, ha ucciso una decina di persone fra le quali il predicatore di Al Qaeda nella Penisola Arabica. In fondo, quest'ultimo era un cittadino americano, circostanza che dovrebbe evitare l'indignato imbarazzo che s'impadronì dei pakistani quando i Navy Seals seccarono Osama Bin Laden. Anzi, Ali Abdallah Saleh, il presidente yemenita, potrebbe essere portato a considerare l'azione militare come un omaggio di benvenuto. In fondo è tornato solo da pochi giorni nel proprio Paese, da circa un anno in preda alla guerra civile. Tre mesi fa Al Qaeda aveva preso a cannonate il  suo palazzo a Sana'a e Saleh era rimasto ferito gravemente, tanto da doversi ricoverare in Arabia Saudita. Ora che si è ristabilito, può dirsi ancora più soddisfatto per aver assistito alla fine del principale ispiratore della guerra santa. Altrettanto possono dire, anche se non se ne sembrano essersene accorti, i governi occidentali. Se lo Yemen può dirsi più sicuro, anche l'Europa non ha che da ringraziare, per l'ennesima volta, gli Usa. Si contano a decine i terroristi che, in Germania e nel Regno Unito, sono stati indottrinati direttamente o indirettamente da al-Awlaki via web, si sono radicalizzati e infine sono entrati in azione in Somalia, in Afghanistan o nella Penisola arabica. Il suo libro 44 modi per sostenere il jihad, pubblicato in lingua inglese nel 2009, rimane tuttora un best-seller fra gli ultrafondamentalisti. A dimostrazione del fatto che la minaccia terroristica non è rappresentata soltanto da gruppi armati, ma innanzitutto dalla predicazione per il reclutamento.

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