Il pentito sbagliato
Piaccia o non piaccia, le intercettazioni che non coinvolgevano solo la Juventus non c'erano
Piaccia o non piaccia, le intercettazioni che non coinvolgevano solo la Juventus c'erano. Piaccia o non piaccia c'è anche il pentito. Più volte abbiamo dipinto calciopoli come una spy story. Ne abbiamo messo in evidenza i contatti con l'affaire Telecom, descrivendola in parte come un suo filone per la contemporanea presenza ai vertici della società telefonica di esponenti dei vertici dell'Inter. E per i dossieraggi illegali fatti compiere da quegli stessi dirigenti nerazzurri ai danni di calciatori e arbitri che oggi pretendono risarcimenti economici per aver avuto vita e carriera distrutta da quel sistema ambiguo e fuorilegge di portare avanti le cose dello sport. Cercando con metodi illeciti di conquistare quelle vittorie che non si riuscivano ad ottenere sul campo nemmeno camuffando i bilanci e i passaporti. Con il benestare della FIGC di Carraro, che da presidente incaricava i designatori di avvisare gli arbitri di non agevolare in alcun modo la Juventus. Perciò calciopoli è finita sulla bocca dei tifosi come farsopoli. Oggi siamo al teatro dell'assurdo. Inaugurato dalla nomina di Guido Rossi a commissario straordinario della FIGC il 16 maggio 2006, si è sviluppato sul terreno fertile di un diffuso sentimento popolare alimentato dai media e si è nutrito sempre più dell'abbandono consapevole di un costrutto drammaturgico razionale e del rifiuto del linguaggio logico-consequenziale. Il 19 giugno 2006 Borrelli chiudeva e consegnava al procuratore Palazzi la relazione su calciopoli, affermando: “Resta da ripetere che le indagini dovranno proseguire: la vastità del contesto, la unicità di questo che è il più grande scandalo del mondo del calcio, il numero davvero ampio di società e soggetti coinvolti, i plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo, Non permettono di ritenere conclusa l'opera di individuazione delle responsabilità eventualmente attribuibili ad altre società e ad altre persone fisiche”. Un anno dopo dichiarava che calciopoli non era ancora finita, chiudendo però contemporaneamente l'inchiesta della FIGC sui dossieraggi illegali. Il 9 aprile 2010 Tuttosport scriveva che Borrelli “promise indagini rapide e sperò a lungo in qualche ‘pentitismo' che rompesse l'omertà sullo stile di Mani pulite”.Il processo sportivo del 2006 non trovò il pentito in grado di avvalorare il quadro emerso dalle intercettazioni fornite dalla procura di Napoli. Il processo celebrato a Napoli ha svelato che quel pentito fu ricercato dal pm Narducci. Non era quello suggerito nell'articolo di Tuttosport, che sottolineava che Borrelli non fu messo al corrente della deposizione dell'assistente Coppola, che aveva fatto riferimento a un coinvolgimento della società nerazzurra in calciopoli e si era sentito rispondere che l'Inter non interessava. Il processo sportivo del 2006 era monco delle intercettazioni che non riguardavano la Juventus. Occultate, eppure segnalate con tanto di baffi rossi dai carabinieri del pool di Auricchio, Di Laroni e Arcangioli. La difesa della pratica delle intercettazioni è argomento che da tempo occupa gli spazi e gli interessi della politica, della magistratura, dei giornali e dei rotocalchi televisivi. A detta di tanti è stato possibile infliggere grazie a questo sistema investigativo colpi alle organizzazioni malavitose e mettere a nudo gli scandali della politica italiana. Il rovescio della medaglia è l'enorme spesa che comporta per il paese far eseguire le intercettazioni e il dazio che si paga al rispetto della privacy. Soprattutto quando le intercettazioni finiscono sui giornali.Non essendo raro il caso di intercettazioni che si prestano a interpretazioni non univoche a seconda del contesto, le indagini dovrebbero essere completate dalle dichiarazioni di eventuali pentiti, da verificare con l'accertamento delle prove.A Napoli hanno sfilato testimoni in odore di pentitismo. Anzitutto Franco Baldini, che nella famosa intercettazione del 4 aprile 2005, preannunciando all'amico Renzo Castagnini il ribaltone, affermò di aver parlato di Carraro, Galliani e Giraudo, ma di non aver fatto il suo nome. Nell'udienza del 7 ottobre 2010 l'avvocato Prioreschi ha interrogato Baldini e cercando di ricostruire le date del suo rapporto con Auricchio, cominciato nel 2003 in seguito alle indagini dei carabinieri sull'iscrizione della Roma al campionato attraverso false fideiussioni, ha dato luogo a una confusione di date che ha innervosito Baldini, il quale si è visto costretto ad ammettere la sua collaborazione con Auricchio. Più o meno la stessa cosa è accaduta conNucini, il cavallo di Troia con il quale Facchetti fu lungamente in rapporti confidenziali. Nucini ha tenuto durante tutta la deposizione un comportamento sopra le righe, confessando non solo i rapporti tra un arbitro in attività e alcuni dirigenti dell'Inter, ma addirittura come questi si fossero dati da fare per procurargli colloqui di lavoro in cambio della sua collaborazione.Anche Manfredi Martino potrebbe rientrare in questa categoria di mancati pentiti, con le sue dichiarazioni in merito ai colpi di tosse con i quali i designatori avrebbero orientato i sorteggi ritenuti truccati. Almeno stando alle dichiarazioni rese nell'intervista pubblicata dal Corriere dello Sport alla vigilia di Natale a Edmondo Pinna proprio da uno dei “Magnifici 12” rimasto anonimo.Il “pentito” sui generis ha affermato di essere a conoscenza che ci fossero telefonate dell'Inter, che le intercettazioni venivano ascoltate, segnate con i baffetti di diverso colore e riassunte in un brogliaccio. Auricchio e di Laroni provvedevano a decidere cosa mettere nell'informativa. Rispondendo alla domanda perché alcune intercettazioni non sono finite sull'inchiesta ha risposto: “quello che veniva fatto, veniva fatto per costruire. Poi io ti porto il materiale, t'ho portato il mattone ma se tu non ce lo metti, sto mattone..”. Inoltre ha dichiarato che potevano capitare dei black out, cioè che il server delle intercettazioni, con sede a Roma, a Piazzale Clodio, avesse delle interruzioni che potevano essere pilotate nella trasmissione delle intercettazioni alle postazioni dei carabinieri. Riportando il problema della selezione delle intercettazioni a monte. Anche sull'incontro tra i Della Valle, Mazzini e Bergamo si è detto sicuro che esiste l'audio dell'intercettazione ambientale, contrariamente a quanto affermato da Auricchio. Il quale sarebbe arrivato ai ferri corti con Arcangioli nella conduzione dell'inchiesta e sostanzialmente l'avrebbe portata avanti senza il suo consenso. L'ex capo della procura di Napoli, Giovandomenico Lepore, ha rilasciato un' intervista a Tuttosport nella quale ha candidamente affermato che la fuga di notizie rovinò calciopoli, bruciando l'inchiesta. Ha anche auspicato che lo strano pentito, che invece di provenire dal mondo di chi i reati avrebbe commesso, proviene dal nucleo investigativo mettendone in dubbio la validità dell'indagine, si rechi da un giudice a rendere una testimonianza scritta. Aggiungendo: “Resta da capire, però, se i fatti in questione non siano talmente indietro nel tempo da risultare ormai prescritti”. Ricordiamo un magistrato solerte nel raccogliere le dichiarazioni rese a un giornale da un allenatore che lanciava accuse di doping a una squadra avversaria. Di recente si è dato da fare per controllare lo stato dell'acciaio del nuovo stadio della Juventus. Come mai non si è ancora trovato un giudice al quale stia a cuore verificare l'operato dei carabinieri e della magistratura? Un quinto del pool dei carabinieri di Roma era impegnato nell'indagine di calciopoli, sottratto ad altre delicate indagini. Lepore è stato a capo di una procura “calda”, quella di Napoli, impegnata nei processi contro la camorra.Esigere chiarezza è un dovere di cittadini ancora prima che di Juventini. Anche se, parafrasando Riccardo Cocciante, era già tutto previsto. O forse era già tutto prescritto. di G.Fiorito da GLMDJ