Santoro contro tutti: Anche La7 è berlusconiana
saltanto l'accordo con Ti media
«Never spoil a good story with the truth», ovvero mai rovinare una bella storia con la verità. L'album delle leggende del giornalismo attribuisce all'editorialista del Globe Sam Silverman questo sfolgorante aforisma, buono per tutte le occasioni. Ecco, Michele Santoro, patrono di tutti i conflitti d'interesse e signore indiscusso degli editti bulgari, è la personificazione di quell'aforisma. La storia, quella che lui va raccontando, ovviamente è che a La7, che ha deciso di sbattergli la porta in faccia dopo un mese di estenuanti trattative, sono ostaggio di un «colossale conflitto d'interessi» e che l'intesa è saltata per colpa «d'interventi esterni», dei quali, però, Santoro non ha nessuna prova. Ecco, appunto, una bella storia. Di quelle dove il grande vecchio orwelliano controlla tutto e tutti e impedisce ai bravi conduttori, come Michele chi? di lavorare. Anzi, di pontificare. Insomma, stando allo scenario tratteggiato da Santoro, la rete più di sinistra dell'etere si sarebbe inchinata ai diktat di Berlusconi, senza colpo ferire. Il solito cazzotto in cielo, sferrato per attizzare la piazza, quella di “Tuttiinpiedi” e “Raiperunanotte”, alle quale Santoro non vuole rinunciare. La verità, quella che non deve rovinare una bella storia, è che a La7 alla chiusura dell'accordo non ci hanno mai creduto veramente. Prima la distanza sugli aspetti economici, poi la fossa delle Marianne della copertura legale e dell'esclusiva. Il conduttore di Annozero voleva la massima libertà di manovra, addirittura superiore a quella ottenuta in Rai, ma con la garanzia che le querele le avrebbe pagate la rete. Non solo. La7 chiedeva l'esclusiva, anzi la sottoscrizione di un patto di non concorrenza, mentre Santoro vuole esser libero affrontare le nuove frontiere della comunicazione. Ed è su questo aspetto, e non su questioni pseusdo politiche o su presunti conflitti d'interesse, che la trattativa è naufragata. Una verità molto diversa dalla bella storia raccontata da Santoro, peraltro ampiamente rintracciabile nei comunicati di entrambi gli attori di questa commedia degli equivoci. La7, nell'annunciare la rottura delle trattative, parla di «inconciliabili posizioni riguardo alla gestione operativa dei rapporti fra autore ed editore». Santoro, che nella tv di proprietà di Telecom Media avrebbe voluto - e scusate la metafora inelegante, ma estremamente efficace - fare “il frocio con il culo degli altri”, parla di «inoppugnabile prova dell'esistenza nel nostro Paese di un colossale conflitto di interesse» e solo dopo dell'insorgenza degli «stessi problemi legali che la Rai pone a Milena Gabanelli e norme contrattuali che noi consideriamo lesive della libertà degli autori e dei giornalisti». Niente è come sembra. E proprio perché Santoro è un mago nel gioco delle tre carte, il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana, il primo ad investire sull'arrivo del collega, si è visto costretto ad andare contro il proprio attuale datore di lavoro. «La7 spieghi che non ci sono state pressioni esterne sull'interruzione delle trattative con Santoro, dice il fondatore del Tg5, «in qualche modo non soltanto la Rai e Mediaset ma anche La7 deve tenere conto del fatto che, se lui non vuole, le cose non si fanno». Amara constatazione per uno che da Mediaset è scappato per molto meno. E ora che farà Santoro? Con Sky c'è stato un abboccamento, primi annusamenti, ma nulla di più. Al giornalista l'idea di finire sul satellite non piace molto. Molto più accattivante, invece, l'idea di tornare in Rai. Altra bella storia.