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Da Mimun a Mentana, tutti i direttori in difesa del Minzo

basta con la par condicio

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«Se sei il direttore del Tg1 e non sei di sinistra, allora sei il bersaglio quotidiano dell'opposizione. Quando c'ero io al posto di Minzolini, sono arrivati a criticare il telegiornale ancor prima che andasse in onda. Ma ve lo ricordare come hanno trattato Gianni Riotta? Come un principino». E allora tu chiamala, se vuoi, censura preventiva. Perché nei confronti del Tg1, ma stando alle parole di Clemente J. Mimun, direttore del Tg5 e per cinque anni alla guida del telegiornale della rete ammiraglia della Rai, i “cambogiani” della lotta all'informazione hanno sempre l'elmetto in testa. Elmetto che non mettono, invece, l'Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della Stampa, il sindacato unico dei giornalisti, capaci del più assordante silenzio, quando viene sanzionato un direttore di centrodestra, ma capaci di grandi acrobazie linguistiche se viene toccato un direttore di sinistra. Se poi a finire sulla graticola dell'Agcom è Augusto Minzolini, direttore del Tg1, Ordine e Fnsi girano addirittura lo sguardo. Meglio evitare. Eppure quanto avvenuto è tutt'altro che di poco conto. Rapido riassunto per i distratti. L'Agcom, l'Autorità garante per le comunicazioni, a tre giorni dall'apertura dei seggi per le elezioni amministrative, ha ordinato ai telegiornali un «immediato riequilibrio» tra le forze di maggioranza quelle di opposizione. L'unico ad essere sanzionato, però, è stato il Tg1 diretto da Minzolini. «Allibito! Io sono allibito! È una totale follia, non ho parole, siamo in mano a gente che non sa quello che fa!», ha tuonato il direttore del telegiornale dell'ammiraglia Rai. E, a ben vedere, non ha torto. «È triste dover assistere ad una applicazione  pedissequa di una legge assurda», dice Mimun, «che finisce per sfiduciare il lavoro della categoria. La quale dovrebbe trovare la forza di dire “non ci sto”». A non starci, intanto sono Emilio Carelli, direttore di Sky tg 24 e Enrico Mentana direttore del Tg de La7, ai quali il provvedimento dell'Agcom non è piaciuto affatto. «La legge sulla par condicio è troppo restrittiva, afferma Carelli, alle prese con il caso Moratti-Pisapia, «che finisce con l'esautorare il lavoro dei giornalisti. Basterebbe applicare le regole dell'Ordine e il contratto nazionale. Detto ciò noi continueremo a seguire la linea di sempre nel confezionamento del nostro telegiornale. Non sarà certo un provvedimento come questo a farci cambiare idea». Idea che non cambia nemmeno Enrico Mentana, direttore del Tg de La7 che esterna pubblicamente il suo totale disappunto per il provvedimento per l'Authority. «Le notizie sono notizie», esordisce il fondatore del Tg5, «e sono sicuro che sarete d'accordo con noi nel considerare che noi dobbiamo farvi avere tutto il materiale che serve per giudicare l'operato di chi ci governa e di chi è all'opposizione. Non si può usare il bilancino del farmacista per fare dire le stesse ai vari personaggi che partecipano all'agone politico. Non  è questo il nostro ruolo». Già, andatelo a dire  all'Ordine dei giornalisti, pronto a mettere la museruola al direttore editoriale di Libero, Vittorio Feltri, o alla Federazione nazionale della Stampa, che difende soltanto chi è già ampiamente difeso dalla sinistra. Chi ha battuto un colpo, invece, grazie alla sollecitazione  del consigliere di amministrazione Antonio Verro, è stato il consiglio di amministrazione della Rai, presieduto per la prima volta dal novo direttore generale. Verro ha proposto alla Lei di fare ricorso contro l'Autorità di  «ritenendo improprio», ha spiegato l'amministratore di viale Mazzini, «quanto deciso dall'Agcom». E questo perché,  a suo parere, «lo squilibrio sanzionato è determinato dalla copertura di un evento eccezionale come è stato quello della morte di Bin Laden». Insomma, secondo Verro ci sarebbe «un vuoto normativo nel regolamento dell'Autorità che andrebbe colmato». I colleghi  indicati dalla sinistra, invece, hanno chiesto alla Lei di verificare sulla corretta applicazione delle norme previste dall par condicio. Evidentemente temono che si possa verificare un altro caso Minzolini. Magari da parte del Tg3. Ma  questa, come sempre, è un'altra storia.

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