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Impeachment, la polpetta avvelenata di Mueller alla Pelosi

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Il Procuratore Speciale Robert Mueller ha servito una polpetta avvelenata a Nancy Pelosi, la speaker della Camera sulle cui spalle grava la responsabilita' di avviare, gestire (e perdere) la procedura dell'impeachment. Pelosi vede l'impeachment come una follia politica, che farebbe in pieno il gioco del presidente repubblicano nel 2020: il Paese, esclusi gli assatananti anti Trump della base militante DEM, e qualche candidato presidente che teme di non essere abbastanza ultra-sinistro alle primarie, e' stanco del tormentone sulla Russiagate. Vuole un parlamento che legiferi sui problemi reali (immigrazione, infrastrutture, salute, educazione, sviluppo economico), e non altri due anni di indagini delle Commissioni congressuali in mano ai DEM che intendono rifare l'indagine da zero. Il Ministero della Giustizia, il datore di lavoro di Mueller, gli ha assicurato carta bianca: i milioni per assemblare e pagare il suo team (tutti avvocati pro Democratici e pro Hillary); il potere di emettere avvisi di garanzia (oltre 500) a chiunque, dentro e fuori la Casa Bianca; un tempo illimitato per raggiungere le sue conclusioni (e lui ci ha messo quasi due anni). Mueller ha chiuso il caso con il famoso Rapporto di 400 pagine e passa, in cui ha stabilito che “c'erano insufficienti prove per emettere incriminazioni di una piu' larga cospirazione”, pur dopo aver accusato esplicitamente i russi di essersi impegnati concretamente per influenzare le elezioni USA e danneggiare un candidato (la Clinton). Il procuratore speciale, lasciando il suo mandato e sciogliendo formalmente il suo ufficio, ha voluto pero' leggere ieri un breve documento dalla sede del Ministero in cui ha detto che non aveva nulla da aggiungere alle 400 pagine e passa. E che non avrebbe piu' toccato l'argomento in pubblico. E che non avrebbe accettato di partecipare alla audizione in Congresso per cui premono i Democratici. Perche', allora, ha fatto questa apparizione non richiesta? Perche', in realta', voleva far sapere al Paese che era frustrato per non aver potuto incriminare Trump. Cosi', ha aggiunto due frasi che sono destinate ad essere la benzina sul fuoco dell'impeachment. La prima: “Se avessimo avuto la sicurezza che il presidente chiaramente non aveva commesso un crimine, l'avremmo detto”. La seconda: “Sotto una politica ministeriale in vigore da molto tempo, un presidente non puo' essere incriminato per un delitto federale mentre e' in carica. Questa non era quindi una opzione che avremmo potuto considerare”. La prima frase e' una sparata giuridica che stravolge la normale tradizione del diritto occidentale, ma che e' purtroppo sempre piu' di moda tra gli ex liberal diventati giustizialisti: da quando in qua un procuratore crede che il suo obiettivo sia di definire un indagato “innocente”? E' sempre stato suo dovere, invece, trovare le prove sufficienti per incriminare, nel rispetto della presunzione di innocenza. E se non trova prove che possono reggere al dibattimento in tribunale, deve chiudere il caso. E' quello che, peraltro, Mueller ha fatto in pratica non incriminando Trump, e lo ha pure scritto nelle 400 e passa pagine. Ma adesso, sul punto di sparire dal cono di luce della pubblicita' e della rilevanza mediatica, ha voluto inquinare l'atmosfera politica, fregandosene dell'abc del diritto penale. Non bisogna essere luminari del diritto, ma banali spettatori di Law & Order in tv, per sapere che i processi finiscono con il giudice, o la giuria, che possono scegliere solo tra due opzioni: “Guilty or Not Guilty?”, “Colpevole o Non Colpevole?”. Quanto alla seconda sparata, il richiamare la norma stranota che un presidente in carica non puo' essere incriminato, aggiungendo l'altrettanto stranota disposizione secondo cui “la Costituzione richiede un processo diverso da quello del sistema criminale per accusare formalmente un presidente in ufficio di aver commesso un crimine”, quale altro senso puo' avere se non quello di dire al Congresso “vai avanti tu, che io non sono riuscito a farlo fuori”? Mueller ha tirato il sasso, e non ha nascosto la mano. Il problema e' che mentre lui, come ex procuratore tornato normale cittadino, non porta alcuna responsabilita' politica per la sua sciagurata e bizzarra azione destinata a radicalizzare il conflitto pro e anti Trump nel Paese, Pelosi ha una scomodissima gatta da pelare. Secondo Politico.com ci sono ora una quarantina di deputati DEM (e un singolo Never Trump repubblicano) che spingono per la procedura di impeachment. Ossia il 20%, e tutti di distretti liberal che hanno un elettorato di ultra sinistri. E' la prova che il restante 80% dei deputati Democratici sa che rischia il posto fra 17 mesi se si espone ad appoggiare l'impeachment scontentando indipendenti, moderati e centristi. Oltretutto, sarebbe una battaglia persa. La supermaggioranza richiesta in Congresso per l'impeachment e' impossibile da raggiungere fino a quando il GOP difende Trump. E, paradossalmente proprio grazie al Rapporto Mueller, il sostegno Repubblicano al presidente e' garantito. Trump si sente forte ed e' stato lucido e sobrio nel suo tweet di commento dopo la dichiarazione di Mueller: "Niente e' cambiato dal Rapporto Mueller. C'era insufficienza di prove e percio', nel nostro Paese, una persona e' innocente. Il caso e' chiuso! Grazie" di Glauco Maggi

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