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Elezioni negli Stati Uniti, aumentano i neri e calano i bianchi: per Trump si mette male

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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L'America cambia colore, e i Democratici e i liberal si fregano le mani. Per la prima volta di sempre, secondo il Pew Research Center che ha analizzato i dati del Censo USA e ha fatto le sue proiezioni, alle prossime elezioni presidenziali l'elettorato sara' per piu' di un terzo “non bianco”. Il calo dei bianchi e' stato costante negli ultimi decenni. Dal 2000, al voto per George Bush contro Al Gore partecipo' una fetta di bianchi pari al 76,4%, i tre quarti del totale. Fra due anni, la percentuale di neri, ispanici e asiatici sara' del 33,3%, un terzo del totale e la meta' esatta dei caucasici, che scenderanno al 66,7%. Nel dettaglio, contro il calo inarrestabile dei bianchi gli altri tre maggiori gruppi etnici e razziali sono tutti in aumento: gli afro-americani dall'11,5% del 2000 raggiungeranno il 12,5% fra due anni; gli asiatici saliranno dal 2,5% al 4,7%, quasi raddoppiando; stesso trend per gli ispanici, che passeranno dal 7,4% al 13,3%. Le elezioni del 2020 entreranno nella Storia come le prime in cui gli ispanici saranno il primo gruppo razziale o etnico di minoranza, con 32 milioni, scavalcando i neri, 30 milioni, sempre secondo le previsioni del Pew Center. Altro record, il 10% dei votanti non bianchi saranno emigranti. “Presa tutta insieme, questa forte crescita significa che un terzo dei potenziali elettori sara' non bianco nel 2020, un balzo dal quarto che erano nel 2000”, scrive il Pew Center nel suo rapporto. “Questo incremento e' almeno in parte legato ai meccanismi di immigrazione e di naturalizzazione: uno su dieci dei potenziali votanti nel 2020 sara' nato fuori dagli Stati Uniti, la percentuale piu' elevata dal 1970, come minimo”, conclude il Pew Center nel suo rapporto. E' un nuovo equilibrio che dovrebbe aiutare i Democratici: nel 2016, i non bianchi erano piu' inclini ad appoggiare la Hillary Clinton, mentre i bianchi erano piu' favorevoli al repubblicano Trump. La conferma del trend viene dalla recente esplosione di candidati che si fanno strada nel partito DEM, dalla ispanica Alexandra Ocasio Cortez alla nera Kamala Harris. E' una tendenza che ha un aspetto positivo, e uno negativo. Il primo e' il riconoscimento della dignita' e dell'inserimento a pieno titolo che sono dovuti ai cittadini ‘americani non bianchi' storicamente discriminati e segregati nel passato. Il secondo e' che il processo di assimilazione, una volta definito positivamente melting pot perche' integrava gli immigrati ansiosi di diventare americani a tutto tondo, e' oggi condannato come politicamente scorretto. Il capo della Associazione Nazionale dei Giornalisti Ispanici ha rigettato la idea stessa della assimilazione, definendola “la negazione di una cultura a favore di un'altra”. “E' stupefacente che in questo giudizio ‘l'altra' sia la cultura americana”, stigmatizza Rich Lowry sul New York Post. I liberal stanno cavalcando come non mai questa aberrazione, perche' il meccanismo identitario frutta voti: “se sei ispanico o nero devi votare un solo partito, il nostro” e' sempre piu' il dogma dei Democratici. Il problema della identificazione strumentalizzata “razza-partito” non e' solo di potere politico-elettorale, ma anche di natura sociale e civile. Fomenta la divisione di tipo razzistico, con il pericolo di degenerazioni a scapito del rispetto tra le persone: i cittadini americani da mezzo secolo godono della legge della parita' dei diritti, e dovrebbero confrontarsi per le idee e non per il colore della pelle. Glauco Maggi

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