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Tutta la verità sui ragazzi che avrebbero "aggredito" il nativo americano

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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I teenager cristiani venivano dalla Catholic High School di Covington, nel Kentucky notoriamente Repubblicano, per partecipare alla Marcia per la Vita. Erano tutti maschi, e bianchi. Molti di loro indossavano il cappellino rosso MAGA, Make America Great Again. Che cosa si vuole di piu' per odiarli nell'America ossessionata da Trump? Era proprio il quadretto ideale di “deplorevoli in erba”. Fotografarli o filmarli cosi' e basta, pacifici com'erano, non avrebbe meritato la condanna mediatica, la denuncia di essere provocatori e sopraffattori, che va facile facile alla conquista di un milione di tweets. Ci voleva una qualche interazione deprecabile, meglio se violenta, con una figura virtuosa, con un campione dell'America vera, uno con il cuore buono e la storia ineccepibile. E chi meglio di un Native American, anziano, con l'abito da Toro Seduto e il tamburello usato nei pow-wow, poteva personificare il contrasto? E lui era li', miracolo di Internet: Nathan Phillis, cioe' il discendente delle tribu' distrutte dai bianchi, davanti a Nick Sandmann, studente bianco in anonimo giubbino blu, cioe' il discendente di Cristoforo Colombo. Phillis gli suona il tamburo davanti alla faccia, e Sandmann e' immobile, nel video e nella foto che hanno fatto subito il giro del mondo. Lo guarda solo un po' stranito ed esprime qualcosa a meta' tra l'imbarazzo di una confrontation inattesa e il compatimento. Ma la macchina dei social media aveva ben altro in serbo: nel video di 4 minuti si vedeva, attorno a Phillis e Sandmann, una confusa scena in cui altri studenti della Convington cantavano, ridevano e scimmiottavano il pellerossa. Da queste immagini, diffuse subito sui siti con titoli tipo “Questo perdente MAGA sta gioiosamente dando fastidio a un manifestante Native American”, e' scoppiato lo sdegno irrefrenabile che ha tracimato sulla stampa internazionale, italiana compresa. Non solo l'intera sinistra mediatica, ma anche i commentatori di destra della National Review, e persino la direzione della scuola cattolica di Covington e i dirigenti della Marcia per la Pace si sono scatenati nella esecrazione. La diocesi di Covington ha “condannato” i suoi studenti e ha annunciato che avrebbe preso misure punitive, “espulsione compresa”. La National Review ha scritto che “gli studenti hanno sputato sulla croce”. A sinistra sono passati subito alle minacce. Su “Saturday Night Live” la giornalista Sarah Beattie ha promesso sesso orale a “tutti quelli che riescono a dare un pugno in faccia a quel ragazzo MAGA”. La scrittrice Reza Aslan ha twittato che Sandmann ha “una faccia da prendere a pugni”. Howard Dean, ex candidato presidente DEM, ha bollato la scuola di Convington “una fabbrica di odio”. Altri hanno invitato a bruciare la scuola, altri ancora a rendere pubblici i nomi dei giovani per personalizzare le ritorsioni. Poi, la verita' e' finalmente emersa. Video di ore, non i frammenti di qualche minuto, hanno ricostruito la storia. Si vede che un nero, membro della Casa di Israele di Brooklyn, aggredisce verbalmente sia il gruppo di attivisti Native American che erano in piazza, sia gli studenti bianchi che attendevano i loro pullman. A conferma, il capo della Casa di Israele ha dato una intervista al New York Post (che ha pubblicato anche la sua foto), per rivendicare la paternita' dell'incidente, di cui il breve faccia a faccia di Phillis e Sandmann e' solo un momento minore, oggettivamente trascurabile, e definitivamente non ascrivibile al giovane MAGA. Il Southern Poverty Law Center (di chiare simpatie di sinistra) ha definito da tempo la Casa di Israele un “gruppo di odio di neri-nazionalisti” che si autodefiniscono “Black Israelites”: il suo capo ha detto che “la parola di Dio ha fatto scattare tutto”; “Si e' visto che cosa hanno fatto. Credo fossero dal Kentucky. Non si erano mai trovati a dover fronteggiare un nero o un ispanico in tutta la loro vita”. Insomma, lui e' il fanatico squilibrato, ma il suo ruolo era stato coperto per far passare la narrazione di regime. “Nick Sandmann e gli studenti a Covington sono diventati i simboli delle Fake News e di quanto male possano fare”, ha twittato Trump. L'enormita' dello stravolgimento mediatico di questo episodio ha portato tanti di quelli che erano montati sul carro della condanna dei “deplorevoli” a fare marcia indietro. Tanti tweet sono stati cancellati, e chi ha un nome da difendere, pur essendo deluso di dover ritrarre accuse che si sposavano cosi' bene con le proprie convinzioni, ha fatto un passo indietro. Il columnist del New York Times, Frank Bruni, niente di meno, ha scritto sotto il titolo “L'apocalisse dei pundit (commentatori sui media, lui compreso): “La nostra affrettata condanna di questi teenagers rivela la fredda verita' su dove porta l'odio. Noi reagiamo alle notizie tentando di farle rientrare nella tesi che propugniamo di routine, nelle lamentele che abitualmente solleviamo, nella furia o la paura o il dolore che tipicamente spacciamo”. E il suo collega David Brooks, sempre sul New York Times, si e' chiesto: “Il fiasco della Covington Catholic High School cambiera' i social media?”. Illusoria speranza. Non solo i social media, irriformabili per la loro natura di voci non controllate di ogni genere, ma anche molti giornali e tv di supposto alto rango non si sono nemmeno degnati di ripristinare la verita' il giorno dopo. Eppure, il video intero e l'appassionata difesa degli stessi ragazzi sono usciti il giorno dopo. Coraggio, prendete esempio dal Washington Post, che dopo aver scritto che il Native American era “un veterano del Vietnam”, per calcare sul patriottismo della vittima, si e' corretto persino su questo: ha fatto il militare in quegli anni, ma non in Vietnam. di Glauco Maggi

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