"Che delusione Obama". Chi lo dice? Soros
“Che delusione e' stato Obama!”. George Soros si racconta a Michael Steinbeger del New York Times e scopriamo che l'87enne miliardario filo Democratico militante, e 20esimo riccone americano secondo Forbes, ha ancora l'orgoglio ferito per come lo trattava il suo presidente preferito, e piu' sovvenzionato. No, non e' una questione di dissensi di linea politica. E' stata “in realta' la mia piu' grande delusione”, ha spiegato, perche' di natura professionale. Non che Soros si aspettasse un ruolo formale nell'amministrazione, ha aggiunto, con cio' ammettendo pero' di avere proprio quell'ambizione, nel momento in cui la negava. Il miliardario sperava che Obama avrebbe cercato il suo consiglio, specialmente su temi finanziari ed economici, ma invece non e' mai stato preso in considerazione. Anzi, di piu'. Dopo che Barack e' stato eletto, “mi ha chiuso la porta”, ha detto Soros. “Mi ha fatto una telefonata per ringraziarmi del mio sostegno, che non doveva andare oltre cinque minuti. Io l'ho stimolato a parlare e cosi' e' stato costretto a stare al telefono con me per altri tre minuti. In tutto, l'ho trascinato per otto minuti”. Soros ha spiegato di essere caduto vittima di un tratto della personalita' di Obama. "Era qualcuno che era noto, da quando stava gareggiando per diventare il direttore della redazione della rivista ‘The Harvard Law Review', per dare per scontato i suoi sostenitori e per corteggiare i suoi avversari". Ovvio che, vantando un passato di grande successo a Wall Street, l'ex allievo di Karl Popper che guadagno' fama mondiale quando mise in ginocchio la sterlina e costrui' il piu' profittevole hedge fund sulla piazza (Quantum Fund), si aspettava di meritarsi qualcosa di piu' di 8 minuti stiracchiati da un presidente che aveva coperto d'oro. Della fede politica liberal e anti repubblicana di Soros fanno testo i precedenti. Contribui' a finanziare il Center for American Progress, un think tank liberale, oltre a MoveOn.org, e ha speso più di 20 milioni di dollari sostenendo John Kerry nel tentativo fallito di negare a Bush un secondo mandato. Di Soros, Barack sicuramente apprezzo' “le accuse alla amministrazione Bush di impiegare tecniche di propaganda nazista”, riporta il New York Times, rincarate in seguito quando Soros arrivo' a dire che gli Stati Uniti avrebbero dovuto sottoporsi a ‘un certo processo di de-nazificazione' dopo la presidenza Bush. Evidentemente, Obama di Soros aveva apprezzato i ricchi assegni staccati per la sua campagna, ma non la sua esperienza nel costruirsi una fortuna economica nel mercato finanziario. Del resto, Obama aveva apostrofato durante un rally un piccolo imprenditore che chiedeva politiche pro-business con la famosa invettiva: “Se hai una tua azienda non sei tu che te la sei costruita”, intendendo che era merito dello Stato sociale. Chissa', magari se avesse dato ascolto a Soros nei suoi otto anni di presidenza Barack, in economia e finanza, avrebbe raggiunto risultati di occupazione e di crescita del PIL che sono adesso traguardi riconosciuti a Trump. Perche', si sa, Soros odia il presidente repubblicano, e nel ciclo delle elezioni del 2016 ha investito 25 milioni di dollari per aiutare Hillary Clinton e altri candidati Democrati. Ma su due cose e' identico al ‘collega' miliardario di New York. Hanno entrambi avuto tre matrimoni con un totale di cinque figli. E come primo pensiero del mattino hanno i soldi: anche adesso che uno e' diventato il Ceo dell'America Corporation, e l'altro e' un campione del “filantro-capitalismo”. di Glauco Maggi