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Dodici agenti russi incriminati per hackeraggio dei Dem: la prova che Trump non c'entra col Russiagate

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Il vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein ha annunciato venerdi' 13 l'incriminazione di 12 agenti russi dei servizi segreti (GRU) da parte dell'Ufficio del Procuratore Speciale Robert Mueller. Rosenstein guida il dipartimento sulla inchiesta del Russiagate da quando il ministro Jeff Sessions, appena entrato in carica, ha ricusato se stesso sull'argomento. Le accuse alle 12 spie di Putin vanno dall'aver hackerato i server del Comitato Nazionale Democratico e della campagna della candidata DEM Hillary Clinton all'aver distribuito le emails rubate con l'intento di interferire nelle elezioni. Gli ufficiali della GRU riuscirono ad entrare con operazioni di phishing nelle credenziali digitali di alcuni volontari e impiegati della campagna della Clinton e a usare gli accessi ottenuti illecitamente per monitorare segretamente le attivita' al computer di “dozzine di dipendenti, ha detto Rosenstein. Con il phishing, e' possibile leggere emails di titolari di indirizzi “ignari” d'essere seguiti, e di mandare emails fingendosi di essere una persona fidata e conosciuta per avere informazioni riservate. Nel dare notizia dell'operazione giudiziaria, il vice Attorney General ha commentato che “Internet permette ad avversari stranieri di attaccare l'America in modi nuovi e inaspettati”. Nulla ha detto Rosenstein su alcuna intesa dei russi con la campagna di Trump, anzi ha chiarito che nessun americano e' risultato coinvolto nelle operazioni illegali dei servizi russi. Cio' conferma l'idea che a Mosca gli hacker hanno agito in proprio per destabilizzare la democrazia USA nel suo complesso, come hanno gia' del resto concluso due report congressuali: quello del Senato ha stabilito che i russi volevano favorire Trump, mentre quello della Camera ha detto solo che Mosca voleva minare il processo democratico delle elezioni. “Assolutamente sollevero' nei colloqui con Putin la questione della intromissione dei russi nelle elezioni americane”, aveva detto il presidente Trump ai giornalisti a Londra prima che arrivasse la notizia da Washington sulle 12 nuove incriminazioni per il Russiagate. A maggior ragione, ora, il presidente americano vorra' sentire come si difende Putin dalle rinnovate accuse alla sua agenzia GRU, e senza dubbio lo fara'. Del resto lo ha gia' fatto in precedenza, in un incontro informale, e il presidente russo ha negato ogni interferenza. L'opinione pubblica americana, in un recentissimo sondaggio, ha detto in maggioranza che Trump deve essere piu' duro contro i russi, ma anche che approva il meeting, denunciato invece come segno di debolezza dai dirigenti DEM in Congresso. Il rapporto di Trump con la Russia e' una fiera delle ipocrisie montata dai critici del presidente. All'incontro della Nato Trump e' stato durissimo con la Germania, che ha accusato di essere “asservita” a Mosca per il business del gas, dicendo che cio' indebolisce l'alleanza contro la Russia. Ovvio. Inoltre Trump ha insistito nella pressione agli altri paesi membri, accusando la maggior parte di loro di essere “inadempiente” negli investimenti nella difesa atlantica. Si puo' essere piu' “antirussi” di cosi', nella sostanza, visto che la Nato ha come fine primo dichiarato l'opposizione alle mosse ostili di Mosca? Eppure, i DEM in America e la sinistra mediatica e politica in Europa sono insorti contro Trump criticandolo per aver alzato la voce nel pretendere il rispetto del 2% di spesa da parte dei paesi “in debito”, anzi sollecitando che paghino di piu', fino al 4% . Cosi' la Nato sarebbe piu' forte, dicono Trump, e la logica. Invece, da parte dei media liberal viene sfacciatamente sostenuto che gli attacchi di Trump agli alleati sminuirebbero l'alleanza, “dividendola”. Insomma, e' diventato un favore a Putin il fatto che la Casa Bianca di oggi dica e pretenda, come hanno fatto a parole sia George Bush sia Obama per anni senza alcun successo, che l'impegno del 2% vada rispettato, e subito. Trump ha in concreto ottenuto, con il suo pungolo, che l'insieme dei paesi membri abbia scucito una quarantina di miliardi di dollari per la difesa in piu' del preventivato, quest'anno. Invece degli applausi di chi vuole una Nato piu' forte, e piu' “antirussa”, ha raccolto critiche pelose. Le incriminazioni di venerdi' si aggiungono alla ventina contro individui, e contro tre compagnie russe, che Mueller aveva gia' promosso mesi fa. Finora 5 americani incriminati formalmente, tutti piu' o meno vicini in passato alla campagna di Trump, si sono si sono dichiarati colpevoli. Ma niente a che fare con il Russiagate. I reati vanno dalle frodi fiscali dell'ex manager della campagna Paul Manafort, vecchie di dieci anni, alle bugie dette all'FBI, un crimine a se stante, dalle altre figure coinvolte. E' il caso, per esempio, di Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza di Trump che era stato licenziato dopo poche settimane di lavoro e che poi ha ammesso agli inquirenti di aver mentito all'FBI sul contenuto delle comunicazioni avute con l'ambasciatore russo a Washington dopo che Trump aveva vinto le elezioni. Dagli annunci di oggi non e' uscita quindi alcuna accusa di collusione del candidato repubblicano, o dei membri del suo staff, con il governo di Mosca per vincere la presidenza. La conferenza stampa di venerdi' di Rosenstein e' avvenuta mentre Donald e Melania prendevano il the con la regina d'Inghilterra, ma soprattutto nell'imminenza dell'incontro che il presidente americano avra' con il leader russo ad Helsinki. di Glauco Maggi

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