Cerca
Cerca
+

Dazi, parla il guru della finanza Mohamad El-Errian: gli Usa vinceranno la guerra commerciale

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

Vai al blog
  • a
  • a
  • a

Non c'e' solo Trump, allora, che pensa che l'America possa vincere la “guerra delle tariffe” con la Cina e con gli altri partner commerciali in Europa e nella Nafta (Messico e Canada). In un'intervista alla CNBC-Tv di qualche giorno fa, Mohamad El-Erian, americano-egiziano, capo dei consiglieri economici del colosso assicurativo-finanziario mondiale Allianz USA, e' sceso in campo schierandosi con Trump. Mentre gli annunci di nuovi dazi e contro-dazi fra gli USA e la Cina si susseguono, sollevando l'allarme giustificato dei paladini del libero commercio per gli effetti di rincaro dei prezzi dei prodotti finali per i consumatori, El-Erian, che e' considerato uno dei piu' influenti analisti finanziari del mondo e che e' stato per anni amministratore delegato di Pimco (societa' USA di gestione di fondi appartenente allo stesso gruppo Allianz) ha affermato nel programma “Fast Money” che “in termini relativi noi stiamo vincendo e continueremo a vincere la guerra commerciale”. E ha spiegato perche'. “Basta guardare alla performance dei mercati finanziari americani in rapporto a quello cinese e agli altri nel mondo”, ha detto l'economista. “C'e' un trend costante”. Ossia, le quotazioni dei titoli nelle borse di Wall Street hanno reagito sicuramente meglio alle tariffe reciproche tra governi se confrontate agli indici della Cina e delle altre maggiori piazze. “Il botta e risposta continua”, ha aggiunto El-Erian riferendosi all'intenzione di Trump di imporre tariffe su altri 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi (dopo i primi 34 miliardi di alcuni giorni fa) indirizzati al mercato USA, e alla reazione di rappresaglia che Pechino sta mettendo a punto, “ma alla fine cio' non comportera' necessariamente una guerra commerciale a tutto spiano. Quando la gente capira' che gli Stati Uniti prevarranno perche' quella cinese e' una economia meno aperta e perche' l'economia americana e' piu' dinamica, il tutto alla fine potra' condurre ad una situazione in cui la posizione americana in termini economici globali sara' migliore di quella attuale”. El-Erian ha poi ancora ribadito il concetto, rispondendo alle critiche di chi teme che le tattiche sicuramente non tradizionali usate da Trump nel trattare i partner commerciali siano andate troppo oltre. “Uno dei rischi, sul versante positivo, e' che (Trump) finisca con il modificare lo scenario globale in una maniera che favorisce gli Stati Uniti. Cio' perche' gli altri paesi capiranno che, se si scivola in una guerra commerciale mondiale, mentre tutti ne soffriranno gli USA sono quelli messi meglio in termini relativi”. Il presidente USA, alla sua maniera, aveva fatto lo spaccone quando aveva annunciato i primi dazi su acciaio e alluminio 5 mesi fa a Cina e UE: ”Le guerre commerciali sono facili da vincere”, aveva detto. Non e' vero. Tutti pagano un prezzo quando si ostacola il libero scambio tra le economie nazionali, danneggiando alcuni produttori per avvantaggiarne altri e provocando aumenti di prezzi che gravano su tutti i consumatori. Ma l'analisi distaccata dell'economista riconosce che Trump si e' buttato in una partita a poker in cui ha in mano piu' assi degli avversari. Lui non bluffa, e gli altri lo sanno. La carta che decide e' la forza dell'economia statunitense, in grado di reggere meglio alle conseguenze negative attese su alcuni settori (per esempio, su specifici prodotti agricoli, come la soia). Nel suo complesso, infatti, la locomotiva USA marcia senza tentennamenti quest'anno, come abbiamo documentato in precedenti articoli sui progressi dell'occupazione e dell'ottimismo degli imprenditori. “Il resto del mondo e' meno solido degli Stati Uniti”, ha detto El-Erian, sicuramente pensando alla marginale incidenza degli effetti protezionistici sul PIL USA di quasi 20 mila miliardi, il doppio circa di quello cinese. Anche oggi, 13 luglio, c'e' un dato che conferma l'ottima salute del mondo del lavoro USA. Il governo ha comunicato che le nuove domande di sussidio di disoccupazione, la settimana scorsa, sono calate di 18 mila unita' a 214 mila, contro le previsioni degli economisti che si aspettavano 225mila richieste. E' un numero assoluto di non occupati sussidiati che non si vedeva dagli Anni 70, quando la popolazione USA era di 205 milioni, contro i 230 milioni attuali. di Glauco Maggi

Dai blog