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La bastonata durissima della Corte Suprema ai sindacati e ai Dem

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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La Corte Suprema ha fatto il bis. Dopo aver dato ragione martedi' a Trump sul bando che restringe l'ingresso negli USA da 5 paesi islamici, mercoledi' ha emesso un verdetto che rappresenta un'altra enorme sconfitta per i Democratici. Tecnicamente, ad essere battuti sono stati i sindacati del settore pubblico, ma nella politica americana questi sindacati sono sostanzialmente il braccio militante del partito DEM, nel senso che offrono truppe fedeli per tutte le campagne liberal, e finanziano e appoggiano i candidati Democratici in tutte le elezioni per posti politici pubblici. La non costituzionalita', secondo quanto ha detto la Corte Suprema, e' che a contribuire a questo andazzo sono – anche – quei dipendenti senza tessera costretti a iscriversi  o a pagare il tributo da leggi degli Stati, ma contro le loro idee. In discussione davanti alla Corte Suprema era arrivata dai gradi inferiori di giudizio una causa avviata da un lavoratore dell'Illinois, Mark Janus, che non voleva essere obbligato a versare una quota obbligatoria del suo stipendio – 550 dollari annui - al sindacato pubblico AFSCME, come prescrive invece la legge statale. La sua querela era in difesa del diritto di opinione, e la maggioranza di 5 giudici Supremi (i 4 conservatori e quello altalenante), gli hanno dato ragione: Janus, che non e' iscritto alla Union pubblica, aveva protestato perche' l'imposizione della “quota” serviva a sostenere tutte le attivita' del sindacato, tra cui le campagne politiche pro sinistra e anti GOP sulle quali lui non era d'accordo. Il verdetto si applica solo ai dipendenti del settore pubblico, che costituiscono pero' la fetta piu' rilevante del tesseramento in generale nel mondo del lavoro USA, pari all'11%. Mentre nel settore privato gli iscritti sono circa il 6,5%, tra i dipendenti pubblici la quota di tesserati e' di circa uno su tre, oltre il 30%. Le Union sostengono che saranno toccati dal verdetto 5 milioni di dipendenti governativi in 22 Stati e nel Distretto di Columbia (Washington), ossia gli Stati che obbligavano per legge i lavoratori a contribuire una parte dei guadagni ai sindacati, sia che fossero tesserati o che non lo fossero. Nella maggioranza dei 50 Stati USA – quelli rossi piu' filo GOP - vige gia' la legge del “diritto al lavoro” (Right to Work), promossa dai Repubblicani e dal mondo del business , che difende i cittadini da leggi che impongono il tesseramento ai sindacati o le contribuzioni coatte. I sindacati sostengono di avere diritto a trattenere una “quota” dagli stipendi di tutti i lavoratori in quanto li rappresentano nelle trattative per i contratti, anche se non hanno la tessera. Ma la controparte nelle vertenze di lavoro nel settore pubblico e' lo Stato, che fino a ieri, per legge, poteva “imporre” ai suoi stessi dipendenti una tassa per finanziare le Union, che a loro volta appoggiavano i Democratici nei parlamenti locali e nelle sfide per il governatore. Insomma, esisteva un rapporto incestuoso e perverso tra Stati e sindacati pubblici che la Corte ha spezzato. “E' difficile stimare quanti miliardi di dollari sono stati presi da lavoratori non tesserati e trasferiti alle Union del settore pubblico in violazione del Primo Emendamento. Non si puo' permettere che queste esazioni incostituzionali continuino indefinitamente”, ha scritto nel verdetto di maggioranza il giudice Samuel Alito. La Corte aveva gia' discusso il caso due anni fa, ma il collegio, ridotto al tempo a otto giudici per la morte di Antonin Scalia, aveva votato 4 a 4 e quindi era stata mantenuta la situazione precedente, favorevole ai sindacati. Con l'ingresso del giudice Neil Gorsuch, nominato da Donald Trump per la posizione vacante, la Corte ha emesso ora il verdetto che cambia radicalmente il futuro delle Union pubbliche, costrette a convincere i lavoratori non tesserati a iscriversi e a pagare il contributo volontariamente, non per imposizione. Glauco Maggi

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