La batosta dai sondaggi per i Democratici: pensavano di aver già vinto, ecco la dura realtà
Si avvicinano le lezioni di medio termine che si terranno a inizio novembre, e la (quasi) certezza che i DEM avevano di riconquistare almeno la Camera dei deputati, se non anche il Senato e quindi l'intero Congresso, si e' trasformata in incertezza da foto finish. Nell'ottobre scorso il sondaggio Fox News aveva segnalato un vantaggio di 15 punti (50 a 35%) nel quesito rivolto ai probabili elettori sulla loro preferenza generica per un parlamentare Democratico o per un parlamentare Repubblicano nel proprio distretto (il cosiddetto ‘generic ballot', scheda generica senza il nome del candidato). Ora il distacco si e' ridotto a cinque punti, 46% per i DEM e 41% per il GOP. “Vincere solamente il voto popolare non e' sufficiente per ribaltare la Camera”, ha detto il sondaggista repubblicano Daron Shaw, che ha condotto la ricerca bipartisan con il democratico Chris Anderson. “Poiche' il GOP ha un vantaggio nella distribuzione dei votanti a livello distrettuale, i dati dal 2012 al 2014 mostrano che ai DEM serve un margine minimo di almeno 5 punti per essere competitivi rimettendo in gioco la maggioranza”. “Mi piace seguire questa domanda mese per mese come misura della percezione politica che cambia”, ha commentato dal suo canto il DEM Anderson. “Ma a sette mesi dal voto il valore di previsione e' dubbio”. I precedenti mostrano in effetti che la volatilita' e' molto alta, ma l'esame dell'andamento delle due ultime elezioni di medio termine fa sorridere il GOP in ogni caso. Nel marzo del 2010 i Repubblicani avevano un vantaggio di 4 punti e a novembre conquistarono 63 seggi, mentre nel 2014 i DEM erano davanti per 2 punti ma alla fine furono i Repubblicani a guadagnare 13 seggi. Per diventare il partito di controllo della Camera, i Democratici devono conquistare poco piu' di 20 deputati. Nel sondaggio Fox News, il 36% dei votanti hanno detto di essere piu' entusiasti di andare al seggio rispetto alle precedenti elezioni congressuali, il 12% si e' detto meno entusiasta e per il 51% c'e' la normale “carica” a recarsi a votare. A proposito della frequenza alle urne, fattore spesso decisivo, nel sottogruppo degli “entusiasti” il candidato generico DEM e' preferito da un ampio margine, il 60% contro il 33%. Nel sottogruppo di maggioranza assoluta (il 51%) di chi attende l'appuntamento con la stessa “carica” delle precedenti elezioni di medio termine, sono i Repubblicani a guidare, con il 48% contro il 38% dei DEM. Parlando di tasse, il 53% dice che sono ancora troppo alte, mentre per il 39% sono “all'incirca giuste”. Un anno fa, nel marzo 2017, le tasse erano troppo alte per il 55% e “all'incirca giuste” per il 40%. Raddoppiato, dal 2% dell'anno scorso al 4% attuale, il numero ultraminoritario di americani che dice che le proprie tasse sono troppo basse. Dopo l'approvazione della riforma fiscale di dicembre 2017, e' la prima volta che Trump riceve un giudizio positivo sulle tasse: il 48% lo approva e il 46% lo disapprova, il che e' un sensibile ribaltone da ottobre, quando il 51% lo bocciava e il 37% lo promuoveva. Gli effetti concreti dei tagli delle tasse nelle tasche della gente cominciano a farsi vedere quando si tratta di valutare l'operato del presidente. Glauco Maggi