Con Trump boom del carbone made in USA, ma a comprarlo sono i bravi ambientalisti europei
Ipocrisia energetica sulla rotta Stati Uniti- Europa&Cina. Ai leader politici di Germania, Francia, Italia, e al PC cinese, piace criticare l'America perche' Trump si e' ritirato dall'accordo di Parigi da quello scettico del global warming che e'. Il presidente e' piu' interessato alla crescita economica USA e infatti l'America, in coerenza con le promesse elettorali di sviluppo estrattivo del Donald pro petrolio, pro gas naturale e pro carbone, e' diventata un colosso avviato alla indipendenza energetica, che non e' piu' il miraggio del passato. Anzi, la produzione del carbone USA, per citare la fonte di energia che piu' inorridisce le anime belle verdi, e' cresciuta al punto che si puo' parlare di “rinascita”. Nel 2017 sono stati prodotti 773 milioni di tonnellate di carbone, 45 milioni in piu' del 2016, il maggiore incremento da anno ad anno in due decenni. E il bello e' che, come conseguenza del boom, ad aumentare non e' stato il consumo domestico nelle aziende e case americane, ma l'esportazione. Mentre il consumo interno di carbone (i dati sono di fonte ufficiale) e' stato di 719 milioni, virtuosamente 12 in meno dell'ultimo anno di Obama, “la domanda internazionale per il carbone USA ha portato a una maggiore produzione di carbone”, si legge nel recente rapporto della federale Energy Information Administration. Le esportazioni totali di carbone USA del 2017 sono cosi' balzate a 95 milioni di tonnellate, un incremento del 58% rispetto all'anno precedente. Circa 31 milioni sono andate in Asia, raddoppiando il volume del 2016. La Cina, da sola, ha importato quasi 2,8 milioni di tonnellate da gennaio a settembre dell'anno scorso, un balzo enorme dalle 205mila tonnellate del 2016. Le esportazioni totali verso l'Europa hanno raggiunto i 40 milioni di tonnellate, 13 milioni in piu' del 2016. E, guarda un po', tra i mercati piu' accoglienti del carbone USA ci sono Paesi i cui leader non hanno lesinato critiche a Trump per aver abbandonato Parigi. Il presidente francese Emmanuel Macron aveva ridicolizzato Trump in dicembre, quando aveva lanciato il Premio “Facciamo il Nostro Pianeta Ancora Grande”, offrendo finanziamenti agli scienziati americani per continuare in Francia le loro ricerche sulla energia pulita e le riduzioni di emissioni di carbonio. “La Francia e l'Europa saranno il posto dove decideremo come fare ancora grande il nostro pianeta”, aveva proclamato Macron alla cerimonia di presentazione del Premio. Intanto la Francia, da gennaio a settembre del 2017, aveva importato 1,5 milioni di tonnellate di carbone americano, il doppio dell'anno precedente. L'estate scorsa i governi di Francia, Germania e Italia avevano rilasciato un comunicato congiunto in cui avevano detto “di credere fermamente che l'Accordo di Parigi non puo' essere rinegoziato”, in replica polemica al possibilismo espresso dalla Casa Bianca. Poi, passando dalla predica della lezione ambientalista al concreto delle esigenze di produzione e di riscaldamento dei loro sudditi, che nei sondaggi brillano pure loro di fede verde come i loro governanti, anche la Germania e l'Italia hanno razzolato male: i tedeschi nel 2017 hanno importato 3,4 milioni di tonnellate di carbone USA, rispetto ai 2,5 milioni del 2016; gli italiani hanno importato 2,2 milioni di tonnellate di carbone trumpiano nel 2017, contro 1,3 milioni dell'anno precedente. In totale, l'Europa ha importato 28,9 milioni di carbone USA tra gennaio e settembre 2017, rispetto ai 19,3 milioni dell'anno prima. Sale sulla ferita della “buona fede verde” e' infine anche la decisione della Francia, riporta Reuters, di rivedere l'obiettivo delle emissioni di carbone dopo aver fallito il tetto fissato per il 2016, 447 milioni di tonnellate. In realta', l'inquinamento e' stata del 3,6% piu' elevata del programmato. di Glauco Maggi