La guerra contro Putin e la Russia sbarca a New York
Avevano partecipato ai cortei e alle barricate durante le due sommosse popolari filo occidentali in Ukraina, la “Orange revolution” e la “Maiden Revolution” nel 2014, ed ora hanno portato a New York la “guerra” politico-culturale-artistica contro la aggressione di Mosca alla Crimea e alle regioni orientali del loro paese. Sono i due giovani artisti-attivisti Daria Marchenko e Daniel Green, autori di cinque grandi opere pittorico-scultoree esposte dal 25 gennaio al 4 febbraio all'Istituto Culturale Ukraino a Manhattan. I due, diplomati in arte all'Universita' di Kiev, hanno presentato le loro creazioni alla inaugurazione ufficiale, drammatizzando l'evento con il ricordo, da scampati, dei tanti amici uccisi sotto i loro occhi dalla repressione putiniana. E Vladimir Putin, appunto, e' il soggetto piu' vistoso della mostra. Il suo ritratto e' imponente, oltre due metri, ed e' disegnato con 5mila cartucce di proiettili, sparati dai militari russi e raccolti durante la guerra sul fronte orientale ukraino. Titolato “La Faccia della Guerra”, il volto del leader cambia tono costantemente durante l'esposizione, dal rosso che esalta l'immagine propagandistica del freddo dittatore ai colori piu' sfumati che presentano la natura universalmente umana di un leader in tempo di guerra. “L'arte talvolta ha piu' potere delle guerre e riesce a provocare cambiamenti duraturi”, hanno detto i due autori in un discorso co-firmato. “Sentivamo che non potevamo esplorare cio' che e' successo in Ukraina con la sola pittura. Cosi' abbiamo deciso di trasformare i proiettili in forma d'arte. Proiettili e frammenti di armi sono quello che e' lasciato sul campo dopo che la gente e' uccisa e qui sono usati per rappresentare le vite delle persone perse in questo conflitto”. La mostra si chiama “Five Elements of War” e vuol essere la testimonianza “delle cause, del dramma e delle conseguenze del piu' esteso conflitto militare in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, che ha gia' provocato oltre 10mila morti”, ha detto il direttore artistico dell'Istituto Culturale Ukraino Walter Hoydish. “Five Elements of War offre una cruda visione di prima mano dell'impatto dell'aggressione militare russa e della propaganda sulla societa' e sulla cultura ukraina. Speriamo che l'esposizione dia ai visitatori una comprensione piu' approfondita del conflitto e delle sue ramificazioni non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti”. Le installazioni offrono un'esperienza “multisensoriale, viscerale, perche' incorpora oggetti fisici raccolti al fronte, compresi bombe e documenti”, ha spiegato il curatore. “Combinati con olio e vernici acriliche, questi elementi impregnano il lavoro di una qualita' tattile che rende la guerra concreta invece che astratta, fornendo il ponte per colmare il distacco tra il pubblico americano e i cittadini dell'Ukraina orientale in battaglia”. Nelle due enormi sale dell'Istituto, a fare da corona a Putin sono altre quattro creazioni: Il “cervello della guerra”, un enorme vaso a forma di granata riempito di macchine fotografiche e pellicole che intende rappresentare il fronte mediatico del conflitto. Gli autori denunciano cosi' le fake news dei propagandisti russi che, secondo loro, sono riusciti a far passare i loro messaggi all'opinione pubblica mondiale. “La carne della guerra” esamina il rapporto tra oppressore e oppressi mostrando una coppia di figure gigantesche femminili piazzate tra due continenti fatti di proiettili. L'intento e' di ricordare ai visitatori come siano spesso le donne a sopportare i gravi danni collaterali della guerra, in quanto custodi delle loro case, vittime delle violenze e delle aggressioni, e mamme disperse e rifugiate lontano con i loro figli. “Onore” e' la denuncia del ruolo da “spettatore” giocato dal resto del mondo, con i poteri globali che non sono intervenuti contro l'invasione. “Il cuore della guerra” e' la raccolta del crudo materiale fisico necessario all'intervento militare. L'esposizione merita d'essere vista, perche' l'occupazione della Crimea e dell'Est Ukraina da parte dell'imperialismo russo e' una ferita internazionale, nel cuore dell'Europa civilizzata, che ancora sanguina ma e' dimenticata. L'hanno soppiantata, nel vissuto dell'opinione pubblica dell'Ovest democratico sulle due sponde dell'Atlantico, le preoccupazioni del terrorismo islamico, le inquietudini che sembrano senza scampo in medio-oriente e nel conflitto tra Israele e i palestinesi, e le mattane del dittatore nucleare nord-coreano. Nel giorno in cui le agenzie battono la notizia che “la polizia russa ha arrestato Alexei Navalny mentre si stava recando alla manifestazione a Mosca nell'ambito della giornata di protesta nazionale da lui indetta a sostegno del boicottaggio delle elezioni presidenziali”, questa recensione alla mostra degli artisti ukraini e' un tributo piu' che doveroso, e un invito a visitarla. Navalny, il leader dell'opposizione, è stato escluso dalle elezioni del prossimo 18 marzo, il che pone il regime (post)sovietico della Russia di Putin allo stesso antidemocratico livello del Venezuela comunista di Maduro e dell'Iran islamista degli Ayatollah. Anche questi due governi sono soliti decidere chi puo' avere o meno il nome sulle schede elettorali. La mostra, su una nota turistica gradevole, e' l'occasione per scoprire un vero gioiello architettonico newyorkese. L'Ukrainian Institute of America non e' molto conosciuto e frequentato a Manhattan, anche se ha la sede nella magnifica mansion Fletcher-Sinclair, all'angolo sud-est della 79th Street con la Quinta Strada, a duecento metri dal Metropolitan Museum. Costruito dal rinomato architetto dell' Eta' dell'Oro di New York Charles P.H. Gilbert, il palazzo e' nell'elenco dei Landmark storici nazionali. di Glauco Maggi