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Donald Trump, il trionfo: i democratici cedono e chiudono lo shutdown

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Chuck Schumer, il capo della minoranza democratica, ha alla fine accettato la linea del GOP, piegandosi a votare la misura bipartisan, proposta del leader della maggioranza repubblicana Mitch McConnell, che consente la fine dello shutdown tre giorni dopo il suo inizio. Il presidente Trump, in un comunicato, ha subito detto di essere soddisfatto del fatto che i DEM abbiano accettato di porre fine allo shutdown. Il Senato ha votato lunedi' a mezzogiorno con una larga maggioranza bipartisan, 81 a favore e 18 contro, per interrompere l'ostruzionismo democratico. E' stato lo stesso Schumer ad annunciare l'accordo raggiunto con McConnell sul voto procedurale, spiegando di fidarsi della promessa del leader del GOP che la questione del DACA, con la sistemazione positiva per i Dreamers, sara' messa subito nell'agenda dei lavori del Congresso, all'interno di un dibattito, aperto agli emendamenti dell'opposizione, per una riforma dell'immigrazione piu' generale. Sul tappeto ci sono i desiderata di Trump, dal finanziamento del muro alla abolizione della Lotteria per le Carte Verdi e della proliferazione a catena dei permessi di residenza permanente, e dall'altra parte le richieste DEM a favore di un percorso verso la piena cittadinanza degli irregolari, a partire dai Dreamers. Evidentemente, pur bollando nei discorsi la chiusura del governo come un “Trump Shutdown”, il leader DEM ha calcolato il rischio del suo bluff, ossia il tenere in ostaggio il bilancio federale che tocca tutti gli americani, a partire dalle paghe dei militari e dal funzionamento dei servizi pubblici, puntando a costringere la Casa Bianca e il GOP ad accettare, senza contropartite serie sull'immigrazione, il “salvataggio” dei 700mila dreamers. La sorte di questi giovani, ora maggiorenni ma portati da bambini negli USA da genitori clandestini, non e' giuridicamente in pericolo se non dopo il 3 marzo, quando scadra' il DACA, la norma obamiana che li aveva di fatto amnistiati. Sempre nella giornata di lunedi' (e' la previsione mentre si chiude questa edizione) lo stesso Senato ha in programma il passaggio della vera e propria leggina di proroga, che garantisce il finanziamento del governo fino all'8 febbraio. Rimandato alla Camera, che aveva gia' passato la sua versione la settimana scorsa, il testo deve essere rivotato per essere poi mandato al presidente per la firma finale. Lo scongelamento della tensione nella tarda mattinata di lunedi' e' stato anche il risultato di un lavoro sotterraneo di oltre una ventina di senatori “trattativisti”, moderati e centristi nella quasi totalita' (c'era anche il NeverTrump Flake, del GOP). E' il loro impegno bipartisan che ha costretto di fatto Schumer ad aprire la strada per una possibile soluzione a tempo di record. I tre giorni di shutdown, comunque, sono stati istruttivi nel mostrare l'approccio differente dei due partiti di fronte alla crisi: basta guardare al modo in cui l'amministrazione di Trump ha gestito il disagio del pubblico per la mancanza di fondi federali, contrapposto a come si era comportato il governo Obama nel 2013. Allora era stato il repubblicano Cruz a bloccare con l'ostruzionismo il Senato perche' i DEM non approvavano la cancellazione di Obamacare, un problema esterno al voto sul budget. Stavolta sono stati i DEM a pretendere, fino al compromesso raggiunto lunedi' pomeriggio, che il GOP approvasse la soluzione sui dreamers,  una questione interna all'annoso dibattito sull'immigrazione che non aveva nulla a che fare con il finanziamento del budget. Obama, per dare forza alla sua tesi che lo shutdown era colpa dell'ostruzionismo repubblicano, massimizzo' ostentatamente il disagio. Per esempio, il governo DEM chiuse subito tutti i parchi nazionali, rifiutando la proposta del governatore del Sud Dakota Dennis Daugaard che voleva tenere aperto il parco del Mount Rushmore (quello con i 4 profili dei piu' illustri presidenti del passato) offrendo di usare personale e soldi dello Stato invece di quelli federali. “Non sarebbe appropriato tenere aperti certi parchi mentre altri, parte dello stesso sistema dei Parchi nazionali, restano chiusi al pubblico”, rispose nel 2013 il direttore dei Parchi Jonathan Jarvis. Venerdi', invece, il ministero dell'Interno di Trump aveva assicurato che, in caso di shutdown, l'amministrazione avrebbe fatto “quanto possibile per consentire gli accessi ai turisti seguendo tutte le leggi e le procedure applicabili”. Infatti, la gente ha potuto visitare i memorials di guerra di Washington e, in generale, nei 3 giorni della chiusura, i Parchi hanno chiuso solo le aree dove c'erano rischi per la gente o per la sicurezza degli artefatti culturali. di Glauco Maggi

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