"Donald Trump non è pazzo". Ma agli assatanati liberal non basterà
Trump, quindi, non e' pazzo. Ed e' anche sano di corpo, “in eccellenti condizioni” sebbene un po' “sovrappeso” e bisognoso di una certa dieta per perdere 5-8 kili. Lo ha affermato il medico della Casa Bianca, Ronny Jackson, dopo la visita annuale, obbligatoria per i presidenti, effettuata venerdi' scorso sul 72enne Donald all'ospedale militare Walter Reed in Maryland. Jackson e' lo stesso dottore della Marina, veterano in Iraq, che aveva avuto sotto esame Obama, a cui aveva consigliato che avrebbe fatto meglio a non fumare, e George W. Bush. Apartitico, di stima specchiata. “Trump e' in forma per il suo compito”, ha concluso dopo l'esame Jackson, “e ha una molto forte e molta alta probabilita' di completare il suo mandato senza problemi medici”. Lo stesso presidente ha richiesto un test sulle sue capacita' cognitive durante la visita, e lo ha passato a pieni voti (30/30). Il dottore ha accettato di sottoporlo a questa prova anche se, secondo lui, non era necessaria, perche' per un anno ha visto Trump lavorare quotidianamente alla Casa Bianca e non ha mai notato alcun segno di malattie mentali. Questo giudizio professionale indipendente e oggettivo dovrebbe chiudere la questione. Ovviamente, invece, non mettera' fine alle accuse di follia e di instabilita' mentale sulle quali i suoi avversari politici hanno puntato per “demonizzarlo” come persona da quando ha vinto nel novembre 2016. Del resto, i piu' assatanati opinionisti liberal e persino alcuni parlamentari DEM che sognano di spodestarlo con il ricorso al 25esimo emendamento (quello introdotto dal Congresso dopo l'assassinio di JFKennedy per assicurare il regolare passaggio dei poteri nel caso un presidente finisca in coma) non hanno fatto una piega quando la piu' rappresentativa associazione degli psichiatri americani (American Psychiatric Association - APA) ha emesso un comunicato ufficiale sul tema una settimana fa, prima della visita. Proprio in risposta alle accuse di follia di Trump sparate anche da qualche psichiatra con la sindrome del NeverTrump, in quel documento l'APA aveva riaffermato la cosiddetta “Goldwater Rule” che stabilisce un principio basilare: non e' etico per gli psichiatri fare diagnosi di personalita' pubbliche che non hanno personalmente esaminato. “Le speculazioni diffuse dagli psichiatri” su soggetti non visitati, recitava il comunicato, “minano la credibilita' e la integrita' della nostra professione e la relazione tra medici e pazienti”. Aspetto “tecnico” a parte, c'e' pero' un apparentamento politico-storico inquietante tra le accuse della sinistra di oggi al Trump “mentalmente disturbato” e le accuse della sinistra comunista di ieri ai dissidenti. Le “cliniche” sovietiche erano pieni di “pazzi”, liquidati come tali nei processi sommari del regime e mandati a “curarsi e rieducarsi” negli ospedali-galere per toglierli di mezzo. “Come i Soviet usavano la loro deviata versione della psichiatria per sopprimere il dissenso politico” (“How the Soviets used their own twisted version of psychiatry to suppress political dissent” di George Dvorsky, bio-eticista canadese) e' un articolo del 2012 uscito sul sito Gizmodo che dovrebbe far arrossire i deputati DEM che hanno presentato in dicembre un “articolo di impeachment contro Trump” basandolo su motivi mentali mascherati da giudizi politici d'opposizione. Nel corso della sua storia l'Unione Sovietica era notoria per la soppressione del dissenso, con l'uso dei Gulag, scrive Dvorsky. “Ma e' durante gli anni 60 e 70 che il partito comunista ha portato la sua intolleranza per le deviazioni ideologiche all'estremo facendo diagnosi e ospedalizzando i cosiddetti contro-rivoluzionari per malattie mentali”, continua l'analista. “E' stato un terrorizzante episodio nella storia sovietica in cui cittadini perfettamente sani potevano essere dichiarati psicotici sulla base delle loro visioni politiche”. Dalla tragedia dei dissidenti alla farsa di Trump? Sarebbe troppo facile chiudere cosi' il parallelo, perche' l'approccio intollerante, quando prende la mano, si sa dove comincia ma non quando finisce. di Glauco Maggi