Così Donna Brazile ha messo fine per sempre alla carriera di Hillary Clinton
Donna Brazile si rivolta contro Hillary Clinton e cio' significa che e' davvero finito il clintonismo nel partito Democratico: nella cerchia dei suoi ex sodali, come era di sicuro l'ex capa del Comitato Nazionale Democratico nel 2016 ed ex consigliera di Bill Clinton, e' il fuggi-fuggi. Si stanno stringendo le reti delle accuse giudiziarie sulla ex Prima Famiglia e il partito e' nel marasma alla ricerca di una nuova leadership che oggi non esiste. Un tweet di Trump di venerdi' mattina, dopo l'uscita dei primi estratti del libro della Brazile “Hacks” in cui e' documentato il complotto “non etico” della campagna di Hillary con il Comitato nazionale Democratico ai danni di Bernie Sanders, fotografa la situazione allarmante per la Clinton: “Tutti si stanno chiedendo perche' il Dipartimento della Giustizia (e l'FBI) non stiano guardando dentro tutte le disonesta' in corso con la Truffatrice Hillary & I DEMS. Il nuovo libro di Donna Brazile dice che ha pagato per, e rubato, le primarie Democratiche. E che cosa dire delle E-mails cancellate, Uranio, Podesta, il Server etc etc…”. E' il sommario dei guai giudiziari che incombono sulla Clinton, come ha anche ricordato Charles Hurt, del Washington Times, nel programma TV di FOX News "Special Report". Commentando la notizia-bomba di Donna Brazile, Hurt ha detto che, contando anche questo, “noi abbiamo ore tre scandali di livello Watergate”, in riferimento al controverso accordo sull'Uranium One, quando lei era segretaria di Stato e Bill prese mezzo milione per un discorso nella banca di Mosca che gestiva per Putin l'affare dell'acquisto di uranio americano, e al finanziamento della campagna di Hillary dell'ormai famigerato dossier pagato da Tony Podesta e da suo fratello John, ex capo della stessa campagna. Il cuore dell'accusa di Donna Brazile e' l'accordo scritto firmato dal CND (comitato nazionale democratico) e l'HFA (Hillary for America presidential campaign) che sostanzialmente dava a Hillary pieni poteri sui fondi del CND e il diritto di decidere i dirigenti del partito. “L'intesa con l'HFA non era illegale, ma di sicuro sembrava non etica”, scrive la Brazile. “Se la competizione deve essere corretta, una campagna non deve avere il controllo del partito prima che gli elettori hanno deciso chi vogliono che sia alla guida”. La Brazile subentro' come presidente del CND dopo le dimissioni, l'estate scorsa, di Debbie Wasserman Schultz, travolta dalle email diffuse da Wikileaks sul complotto interno ai vertici del CND ai danni di Sanders. Appena entrata in carica vide i documenti dell'accordo “non etico”. Per prima cosa, racconta nel libro, chiamo' Sanders per spiegargli come la Clinton avesse esercitato “il controllo del partito molto tempo prima di diventare la nominata”. “Se avessi saputo questo, non avrei mai accettato di diventare presidente ad interim del CND, ma ci trovavamo a poche settimane dal voto…”. L'intesa “specificava che in cambio della raccolta di soldi da investire nel CND, Hillary avrebbe controllato le finanze del partito, la strategia e tutto il denaro in cassa. La sua campagna aveva il diritto di veto sul nome del direttore della comunicazione , e aveva l'ultima parola su tutto il resto dello staff. Al CND era richiesto di consultarsi con la campagna della Clinton su tutto il resto del personale, sul budget, sui dati, le analisi e le emails mandate”. Al tempo della firma dell'intesa, nell'estate del 2015, c'erano solo due altri candidati ufficiali, il senatore Sanders e l'ex governatore del Maryland Martin O' Malley. L'allora vicepresidente Joe Biden stava ancora valutando se partecipare, e la sua decisione di rinunciare avvenne solo in ottobre, due mesi dopo la firma di quel patto “non etico”. Che ruolo puo' aver giocato nel “convincere” Biden a non scendere in campo? “Glielo ha detto Hillary? Glielo ha detto Obama? Forse Biden si era arreso rendendosi conto che non avrebbe dovuto combattere solo contro Hillary”, si chiede John Podhoretz sul New York Post, “ma contro l'intero apparato del suo stesso partito?”. Ora questo partito, che sotto Obama presidente e con il “padrinato” dei Clinton, negli ultimi 6 anni, ha perso oltre 60 deputati, nove senatori, 14 governatori e 1000 seggi nelle legislature locali, fino a sprofondare nella disfatta presidenziale contro Trump, piagnucola di Russia, di collusione, di Facebook, di razzismo. Quello che deve fare, per rinascere, e' guardarsi dentro ed estirpare il proprio marcio, la propria corruzione. La senatrice DEM Elizabeth Warren, alla domanda di un giornalista liberal se pensa che il processo delle primarie Democratiche sia stato truccato ha risposto con una sola parola: “SI' ”. E' un buon inizio per la catarsi, e i DEM devono dire grazie a Donna Brazile. di Glauco Maggi