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L'Isis è caduto con lo zampino di Trump: ma per i media Usa Donald non c'entra

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Hanno deposto le bandiere nere e adesso alzano quelle bianche. E' cambiata la scena a Raqqa, la citta' siriana che tre anni fa era stata conquistata dall'ISIS, diventando la capitale dell'autonominato Califfato dello Stato Islamico, padrone di 27miglia quadrate in Siria e Iraq. I militanti del gruppo radicale piu' sanguinoso, diventati celebri per le decapitazioni dei prigionieri e per lo sterminio di cristiani e di musulmani “infedeli” nei territori conquistati dal 2004 (quando Obama li derideva come ‘squadretta di liceo' in confronto ad Al Qaeda) , oggi si danno alla macchia, o si arrendono alle Milizie di Liberazione dei gruppi di siriani e di irakeni sostenuti, armati e assistiti dagli americani e dalle altre forze della coalizione anti ISIS. In luglio era stata liberata Mosul, la seconda maggiore citta' irakena, ieri e' toccato alla roccaforte dello Stato Islamico in Siria. Sotto Trump presidente, 8 mila miglia quadrate sono state riconquistate in 9 mesi, e il declino dell'ISIS, oggi ridotto dai 3mila ai 7mila militanti rispetto ai 30-40 mila di due anni fa, e' irreversibile secondo tutti gli osservatori internazionali. I media del mainstream, pero', non hanno riconosciuto a Trump un merito diretto nella campagna militare di successo, e cosi' e' stato lo stesso Trump a prenderselo, in una intervista al conduttore radiofonico Chris Plante. “Perche' e' avvenuto tutto questo?” ha chiesto il giornalista al presidente a proposito della ascesa dell'ISIS nel 2014-2016 e del crollo nel 2017. E Trump ha risposto: “Perche' non avevate Trump come vostro presidente. Voglio dire… c'e' stata una grande differenza, una enorme differenza se guardate alla situazione militare oggi. C'era da lavorare con gente che avevo nominato e che avevano il problema delle regole di ingaggio. Noi non stavamo combattendo per vincere. Stavamo combattendo per essere politicamene corretti. Io ho totalmente cambiato le disposizioni interne per come andare in battaglia. Ho interamente trasformato le operazioni militari. Ho cambiato del tutto l'atteggiamento dell'esercito e loro hanno fatto un fantastico lavoro. Yeah, l'ISIS si sta arrendendo. Si stanno arrendendo, alzano le mani nella resa, abbandonano il campo.  Nessuno aveva visto niente di simile prima che arrivassi io”. Donald e' uno spaccone, ok, ma e' impossibile non riconoscere l'evidenza. Obama aveva sempre avuto un approccio riluttante nel condurre le operazioni militari, e il suo vanto era che lui “le guerre le finiva”. Preannunciava i ritiri dei soldati dall'Iraq e dall'Afghanistan come fossero scadenze di successo della sua linea politica. Non aveva in mente l'obiettivo della vittoria, e non ha avuto nemmeno vergogna di rimangiarsi la minaccia al presidente siriano Assad: “L'uso delle armi chimiche e' una linea rossa, e se la passi pagherai le conseguenze”, gli intimo' Barack. Quando cio' successe, Obama “preparo'” un attacco aereo di punizione “proporzionato”, lo preannuncio' ... e poi non ne fece nulla. Trump ha ribaltato la mentalita', ha scelto una squadra di generali di valore, li ha risollevati nel morale e incaricati di un compito chiaro, distruggere l'ISIS. Senza tabelle temporali predeterminate, senza legare loro le mani quando si tratta di decidere le mosse giuste per la causa, e premendo in Congresso perche' spenda il dovuto per ammodernare armi, aerei e navi. Gli USA sono una strapotenza militare, ma la sua forza e' nulla se il Pentagono e la Cia non sono liberi di vincere. E la volonta' politica e' l'arma indispensabile. Persino il senatore John McCain applaude. McCain e' un notorio avversario personale di Trump al punto che qualche settimana fa gli ha votato contro su Obamacare. Ma e' anche un ex militare dalla lunga carriera e ora e' a capo della commissione senatoriale delle forze armate. Ieri, alle notizie sull'ISIS, ha dato credito al presidente con una dichiarazione che gli deve essere costata molto. McCain ha detto di essere “felice di aver sentito” le parole di Trump sull'ISIS. “E' stato illuminante per me. Io ero stato coinvolto in tutto il procedimento (come presidente della Commissione NDR) e mi chiedete se credo che gli ultimi 8 anni siano stati un fallimento. Assolutamente. Assolutamente. Non c'erano regole di ingaggio (vincenti NDR), non c'era alcun successo, non c'era strategia.  Sicuramente sono d'accordo sul fatto che gli ultimi 8 anni sono stati un orribile fallimento delle nostre politiche e strategie in Iraq e Afghanistan”. E' presto per dichiarare la pace definitiva tra McCain e Trump sul terreno congressuale, ma la comune guerra all'ISIS e il sostegno condiviso sulle Forze Armate potrebbero contribuire al disgelo.

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