Trump, la prova di forza che manda la sinistra sotto choc
Se ci sei batti un colpo, si dice. Trump sta facendo di piu'. La settimana scorsa avevamo segnalato, in splendida solitudine, che un paio di sondaggi, Zogby e Rasmussen, avevano dato il presidente in risalita al 43% e 44% dopo l'inabissamento d'agosto, sulla scia dell'uscita infelice a proposito dei fatti di Charlottesville (dove un bianco suprematista filonazi aveva ucciso una manifestante di sinistra e Trump aveva citato gli ‘opposti estremismi'). Allora il presidente era finito in qualche rilevazione al 35%, ed anche sotto, di approvazione del suo lavoro, e sembrava l'encefalogramma piatto di un paziente senza speranza. I venti degli uragani l'hanno svegliato, e ha tirato fuori il piglio dell'organizzatore che gestisce bene le crisi nazionali. E poi ancora, sorpresa, ha scoperto che se il GOP non gli porta leggi da firmare era ora di “andare bipartisan”: di qui l'accordo sul tetto del debito con Chuck Schumer e Nancy Pelosi, e la cenetta successiva con quasi-intesa sulla ‘non deportazione' dei 700 mila giovani clandestini. Da qui, il primo "colpo" della rinascita. Ora l'opinione pubblica ha da digerito la sua prima apparizione all'ONU, che i severi editorialisti del Wall Street Journal hanno promosso a (quasi) pieni voti, e che la sinistra ha subito, sotto choc. E, inaspettata, e' pure uscita la notizia che Trump non aveva affatto sparato una idiozia dicendo, in marzo, che i servizi segreti di Obama avevano messo le pulci per spiare lui e il suo staff, prima e dopo il voto. Adesso si sa che l'FBI aveva messo sotto “pulci” nel 2016 e ancora nel 2017 le telefonate di Paul Manafort, che era noto per aver fatto affari con i russi negli anni precedenti, e che per pochi mesi era stato il manager della campagna di Donald. Essendo stato Manafort in ovvio contatto con Trump, le telefonate fra i due sono state quindi “spiate”. Bugiardi sono stati tutti quelli, dal consigliere della sicurezza di Obama all'ex direttore dell'FBI James Comey, che hanno sostenuto, in qualche caso sotto giuramento, che “Trump e il suo staff non e' mai stato spiato”. Tutta questa e' acqua al mulino di Trump e potrebbe aiutarlo a recuperare popolarita'. Per ora stiamo ai nuovi sondaggi, che rafforzano il trend anticipato da Zobgy e Rasmussen. Secondo POLITICO/Morning Consult il presidente era al 39% a fine agosto, e adesso e' al 43%. Anche per Gallup, che lo aveva dato al 35% il mese scorso, c'e' stato un progresso a quota 38%. La media di Real Clear Politics gli attribuisce il 39,7% di approvazione generale, che e' pari al 2,5% in piu' di dov'era un mese fa. Ma quando agli americani si chiede di giudicare Trump per come opera in economia, il rating dei positivi sale al 45,7% e batte il 44,8% dei negativi. Evidentemente, fa bene vedere che il Dow Jones e' balzato del 22% da quando Trump e' stato eletto, e che ha creato 4mila miliardi di capitalizzazione borsistica, ossia di ricchezza per chi ha azioni USA. In quali fasce di elettori ha recuperato maggiormente il presidente? Per POLITICO/Morning Consult tra i repubblicani e' salito dal 73% all'80%, e tra gli Indipendenti dal 35% al 40%. Anche secondo il sondaggio Marist College di una settimana fa, il rating di approvazione di Trump e' balzato di 4 punti da agosto, dal 35% al 39%, con i repubblicani cresciuti dal 79% all'87%. Il margine di ripresa “in casa propria”, cioe' nel GOP, si va quindi restringendo, e lo spazio residuo di risalita non puo' bastare a riportarlo oltre il 50%, se non sfonda tra gli Indipendenti. Per raggiungere questo traguardo, al presidente non bastano le sciagure naturali o i discorsi sensati in politica estera: ci vogliono le vittorie di sostanza che solo il Congresso puo' dare, sotto forma di leggi approvate in aula con la regia della Casa Bianca. Se Trump riuscira' a firmare la riforma di Obamacare (il termine per i senatori del GOP di trovare i 50 voti indispensabili scade il 30 settembre), e soprattutto quella fiscale con i tagli delle tasse per famiglie di classe media e imprese, il 40% medio di oggi diventa una rampa di lancio della sua presidenza. Peraltro, non bisogna dimenticare che i sondaggi sono pur sempre sondaggi, e che le elezioni del novembre scorso li hanno ridicolizzati quasi tutti. A proposito, ne gira uno di pochi giorni fa, di Zogby Analitics, tra gli elettori Democratici su chi preferiscono come anti Trump nel 2020: Bernie Sanders e' primo con il 28%, Joe Biden secondo con il 17% e Elizabeth Warren terza con il 12%. Numeri a parte, il vero significato di questa rivelazione e' sconfortante per le prospettive dei DEM: conferma che, al momento, non esiste alcun nome fresco accattivante in un partito che oscilla tra le cariatidi al vertice e una base giovanile protestataria, ultrasinistra, e purtroppo sempre piu' violenta (vedi i moti di piazza a S.Louis-Missouri di BlackLivesMatter e le aggressioni di Antifa ai conservatori e alla polizia nei colleges). di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi