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Reddito di base negli Stati Uniti? Tutto quello che non torna

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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L'idea di un reddito di base, a disposizione di chiunque a prescindere dalle condizioni lavorative o economiche, sta facendosi strada nel dibattito politico in America. (In Italia sono gia' convinti che gli stipendi fioriscono sugli alberi). Naturalmente, l'avamposto della proposta e' nelle Hawaii, Stato con due caratteristiche particolari. E' quello con il tasso piu' alto di gente che vive nelle strade (homeless, senza casa) e che, alle elezioni, vota Democratico con percentuali record: nel 2012 Obama vinse con oltre il 42% di distacco su Romney, nel 2016 Clinton ha battuto Trump per 32% percentuali. La roccaforte liberal, insomma, e' il laboratorio ideale per dare credito pure negli USA alla favola bella della redistribuzione assoluta della ricchezza in chiave socialista, ma senza dirlo e senza sventolare bandiere rosse. Una favola che, si sa, finisce quando finiscono i soldi degli altri. La motivazione per il reddito garantito poggia su una colpa che sociologi di sinistra, e politici in cerca di facilissimi consensi, attribuiscono... all'homo sapiens. Negli ultimi decenni - questa e' la tesi di chi se la prende con il progresso -, l'automazione ha ridotto l'esigenza di avere tanti lavoratori, specialmente nei settori dei colletti blu come la manifattura, i depositi, le miniere. E molti dei posti che restano richiedono un'educazione piu' alta o qualita' professionali piu' avanzate. Se pensate che quest'analisi sia banale, e soprattutto che l'avete gia' sentita, avete tutte le ragioni. Il progresso delle condizioni di vita sulla terra, da quando e' stata scoperta la ruota, e' avanzato per millenni lentamente e con enormi diseguaglianze nella crescita da popolo a popolo, da cultura a cultura, da area geografica ad area geografica (per cause che non esaminiamo qui, rimandando agli eccellenti studi di Thomas Sowell, a partire da "Wealth, Poverty, and Politics", Ricchezza, Poverta' e Politiche, Una Prospettiva Internazionale). Poi il capitalismo, fondato sulla liberta' degli individui di sviluppare il proprio potenziale, ha favorito il sorgere di forme sociali e di governo basate sullo stato di diritto e sulla democrazia. E' in questo contesto che c'e' stata l'esplosione dell'ingegno umano in ogni campo, dalla produzione di elettrodomestici alla medicina, dalle comunicazioni ai trasporti. La chiave dell'avanzamento e' pero' sempre stata l'attitudine positiva, il perseguimento onesto del successo personale. Il "reddito per tutti" mortifica questo spirito, e non ha alcuna giustificazione che non sia quella dei politici di sinistra di abbattere la voglia di fare della gente offrendo assistenza "gratuita", che non e' gratuita ma si basa sull'esproprio. Alcuni legislatori del Parlamento dello Stato dove Obama e' nato e ha imparato il surfing e il socialismo dal tutore, amico di famiglia iscritto al Partito Comunista USA, hanno votato, per ora, una legge che richiede di esplorare l'idea di un reddito di base alla luce di una ricerca, riporta l'agenzia AP, secondo la quale una maggioranza di camerieri, cuochi e personale delle pulizie negli hotel – figure vitali alla economia hawaiiana che dipende dal turismo -, saranno alla fine rimpiazzati dalle macchine. Vedere questa prospettiva come una tragedia sociale che necessita di elemosina pubblica e' assurdo. In America, e in molte parti del mondo, l'agricoltura impiegava, ancora nel secolo scorso, la grande maggioranza della popolazione: poi sono arrivati i trattori, che oggi hanno l'aria condizionata, si guidano come un computer e offrono una produttivita' che vale migliaia di volte quella dell'aratro con attaccato il contadino con i calli alle mani. Le generazioni passate hanno lasciato le campagne, ma non hanno chiesto l'indennita' perche' si stavano ritirando dall'evoluzione civile-occupazionale: si sono "riciclate", che e' la condizione normale delle societa' virtuose. Oggi 6 settembre, in prima pagina, il Wall Street Journal pubblica un'inchiesta dal titolo che gelera' gli hawaiiani: "Il beneficio a sorpresa dell'automazione: piu' posti di lavoro. Il commercio online piu' che compensa i licenziamenti da parte dei dettaglianti tradizionali". I sostegni temporanei eccezionali, da parte della collettivita', per definite e documentate situazioni di crisi, per esempio dopo sciagure naturali o tracolli economici sistemici, hanno una loro logica e sono il segno delle societa' progredite che sanno essere solidali, quando e' il caso. Ma la "distruzione creativa" dei modi di produrre, che e' costante e avviene sotto gli occhi di tutti, e' fisiologica e benefica. "La nostra economia sta cambiando molto piu' rapidamente di quanto chiunque si aspettasse", ha detto il legislatore delle Hawaii Chris Lee, firmatario della proposta di legge per l'elemosina di Stato. Lee ha aggiunto che e' importante "fare si' che ognuno tragga beneficio dalla rivoluzione tecnologica a cui assistiamo, affinche' nessuno sia lasciato indietro". Il ragionamento e' demagogico e tradisce la solita condiscendenza dei liberal verso i "poveri": perche' non lasciano la strada aperta alla autopromozione della gente, magari offrendo formazione professionale o incentivi al lavoro, e invece fanno i generosi con i soldi altrui creando disincentivi? I senza lavoro ufficiali negli USA, peraltro, sono il 4,4%, tasso che tecnicamente viene definito di "piena occupazione". E ieri 5 settembre sul WSJ il guru delle ricerche del personale, Bob Funk, presidente e fondatore di Express Employment Professionals, una delle maggiori agenzie del settore, ha citato un sondaggio fatto dalla sua ditta tra i datori di lavoro. Dalle risposte emergono i 5 punti critici usati dalle aziende per assumere: atteggiamento positivo, etica e integrita' sul lavoro, capacita' di comunicazione, affinita' della cultura, saper pensare criticamente. "E non drogarsi. Le droghe sono un enorme problema, con molti aspiranti che si mettono fuori corsa perche' falliscono il test", spiega Funk. Che ha un motto ancora valido adesso, ereditato dal suo capo che 50 anni fa gli disse: "C'e' una persona per ogni lavoro e un lavoro per ogni persona". Funk, da quando ha fondato la sua agenzia nel 1983, ha aiutato 6,5 milioni di persone a trovare un impiego, e tra quelli che sono partiti con un lavoro "a tempo", il 62% e' stato poi confermato a "tempo pieno". La sua ricetta e' agli antipodi dell'assistenzialismo alla hawaiiana , e si riduce a questi principi, tratti dalla sua esperienza: "Ho imparato che se tu sei onesto, hai una forte etica del lavoro, e stai lontano dalle droghe, c'e' un grande futuro che ti aspetta nella societa'". E' l'opposto anche di cio' che pensa Karl Widerquist, cofondatore dell'U.S. Basic Income Guarantee Network, un gruppo che promuove l'idea di un reddito di base su scala nazionale. Widerquist pensa che le Hawaii potrebbero finanziare lo "stipendio pubblico" raccogliendo una (ulteriore) tassa sulla proprieta' da alberghi, aziende e famiglie (sopra un certo reddito) che potrebbe essere redistribuita ai residenti (gli altri). "Se la gente dell'Alaska merita di avere un dividendo per il petrolio che viene estratto, perche' chi vive alle Hawaii non merita un dividendo per le spiagge?", si chiede retoricamente Widerquist? Anche il suo ragionamento, come quello di Lee a Honolulu, e' fasullo. E' vero che il parlamento dell'Alaska ha votato una legge, anni fa, che prevede la distribuzione ai cittadini dei dollari incassati dallo Stato con i diritti di estrazione che le compagnie petrolifere pagano per avere le concessioni. Ma il paragone non regge. L'Alaska, Stato tendenzialmente Repubblicano e fortunato ad avere tanto petrolio (come il Venezuela o l'Arabia Saudita), ha pensato bene di distribuire direttamente alla propria popolazione parte dei proventi. Quindi tutti i suoi cittadini hanno un beneficio, variabile con il prezzo del greggio, che non e' frutto di ingegneria sociale liberal e non grava su nessuno (solo sulle compagnie petrolifere, per le quali e' un costo di produzione che versano ben volentieri). di Glauco Maggi

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