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Il "mea culpa" per la batosta è già finitoL'intolleranza DEM mina la democrazia Usa

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Odiare Trump, o odiare tutti i 60 milioni di americani che l'hanno portato alla Casa Bianca? E gli altri milioni che simpatizzano comunque per lui, anche se non sono andati alle urne? Questo e' il dilemma per i democratici, il cui partito, come scrive Karl Rove oggi sul Wall Street Journal “non si e' ancora ripreso psicologicamente dalle elezioni del 2016”. Mi sembrava, immediatamente dopo il voto, che ci fosse un consenso tra i liberal sull'analisi della sconfitta, almeno tra coloro che non si accontentavano di dare la colpa alla Russia e all'FBI, ma cercavano di capire le ragioni del voto a Trump della classe lavoratrice e del popolino dimenticato, anche in Stati tradizionalmente blu. Mi sembrava, ma era un'impressione sbagliata. Se qua e la' qualche commentatore di sinistra, all'inizio, aveva attribuito la batosta all'incapacita' di connettersi con l'altra meta' del Paese, oggi non c'e' piu' traccia dell'umilta', l'ingrediente di base in politica perche' e' indispensabile per capire chi non ti ha votato, perche' lo ha fatto, e che cosa devi fare per riuscire a (ri)conquistarlo.   Nick Kristof, columnist liberal del New York Times, aveva lanciato un avvertimento in febbraio: “Spesso i Democratici usano un tono condiscendente quando parlano degli elettori di Trump…. E' dura convertire quelli che stai insultando”, aveva scritto allora, ma le sue parole sono poi cadute nel vuoto, ed e' tornata a dominare l'arroganza, mista al disprezzo, di Obama e della Clinton quando erano in campagna elettorale. Barack nel 2012 fece la sua frecciata rivelatrice contro la gente bianca del Midwest parlando a un gruppo di finanziatori DEM: “Non sorprende che questa gente diventa sempre piu' acida, si attacca alle armi o alla religione o alla antipatia per quelli che non sono come loro o al sentimento anti immigrati o contro il commercio come il modo per esprimere la propria frustrazione”. E Hillary aveva rispolverato la lezione di Obama nel settembre 2016 in un famoso comizio: “Si possono piazzare la meta' dei supporter di Trump dentro quello che io chiamo il cestino dei deplorevoli. I razzisti, i sessisti, gli omofobi, gli xenofobi, gli islamofobici e cosi' via”.   Ed ecco come rispunta lo stesso approccio adesso, in un paio di esempi che riprendiamo dall'editoriale su Fox News dell'analista dei media Howard Kurtz. Sul sito liberal Salon, Conor Lynch scrive che la visione dei DEM e' che “grandi numeri di gente americana vota contro il proprio evidente interesse a causa della loro ignoranza e arretratezza culturale. Dopo decenni passati a guardare milioni di Americani votare per i ciarlatani di estrema destra che propugnano politiche economiche che servono ai ricchi e fregano tutti gli altri, certi liberal hanno di fatto rinunciato a rivolgersi con speranza di convincere questi bifolchi, che sembrano piu' interessati a criminalizzare l'aborto e ad ammassare armi che a ottenere la mutua per la loro salute e stipendi decenti. Costoro sono stupidi, creduloni e spesso intolleranti; quindi perche' noi –progressisti, razionali, persone che pensano al futuro – dovremmo simpatizzare con loro o cercare di ragionarci? Lasciamo che perdano l'assicurazione sanitaria: magari stavolta impareranno qualcosa (anche se noi sappiamo che non sara' cosi')”. Frank Rich, reporter del New York magazine, si chiede, retoricamente, se “arruffianarsi gli elettori di Trump non sia un'altra controproduttiva deviazione verso il senso di colpa liberal, l'autoflagellazione e la correttezza politica…. Invece, non potrebbe essere arrivato il tempo per i democratici di trasformare la loro rabbia in un'arma invece di crogiolarvisi? ”. Per i democratici e' da idioti, continua Rich, “abbandonare i loro valori per andare incontro alle politiche di ‘identita' bianca' che stanno al fondo dei votanti trumpiani, che spesso sabotano se stessi e che hanno contribuito a portare il paese in un fosso l'8 novembre. Se siamo liberi di odiare Trump, siamo liberi di odiare i suoi elettori hanno messo tutti noi a rischio”. Gli opinion leader citati qui sono un campione che rappresenta il termometro dell'intolleranza nel paese. La loro e' una lettura patologica della realta' elettorale, ma diventando mainstream il suo pericolo e' enorme: con questo approccio viene minato alla radice il concetto della legittimazione del voto in un sistema democratico, concepito per garantire l'esercizio dell'alternanza con il ricorso alle urne. Il dissenso e la delusione di aver perso un'elezione sono la normalita'. Seminare l'odio per gli elettori avversari, teorizzandolo addirittura, e' una aberrazione che esaspera la divisione tra DEM e GOP. Proprio mentre alla Casa Bianca c'e' il presidente meno ideologico che si ricordi. di Glauco Maggi

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