Obama lascia la Casa Bianca ma non la politicaSarà lui il primo avversario dei Donald Trump
Ormai Obama lo conosciamo bene, e l' “ultimo” discorso da presidente non ci ha stupito. Ma quando mai “ultimo”? Gia' aveva fatto intendere che sarebbe rimasto nell'agone politico una volta finito l'incarico, ed ora lo ha ufficializzato. Non e' stato un “addio”, ma un “alla prossima puntata”. Si battera' come un leone per preservare la sua Obamacare, per tenere alta la bandiera della lotta al global warming, per difendere il patto scellerato con l'Iran. Lo fara' a voce alta, combattendo in Congresso, anche se da fuori, alla testa delle truppe residue del partito che lui stesso ha ridotto significativamente negli otto anni del doppio mandato: mentre il suo appeal personale e' partito a quota 67% di estimatori nel 2009, e' calato al minimo del 38% nel 2014 ed e' risalito al 55% della prima settimana di gennaio 2017, tra i Democratici candidati a posizioni al di fuori della Casa Bianca e' stato un massacro. Tra i 50 governatori i DEM sono scesi dai 28 che avevano nel 2009 ai 16 attuali, ossia la meta' dei 33 attuali del GOP, che ne contava 8 anni fa 22 (il 50esimo e' indipendente). I due rami del Congresso di Washington sono ora in mani repubblicane: 52 senatori GOP, contro 48 DEM o affiliati, e 241 deputati GOP contro 194 DEM alla Camera. Ma i DEM avevano la supermaggioranza di 60 senatori nel luglio 2009 (contro 40 del GOP) e 235 deputati contro i 198 repubblicani. Delle 99 legislature locali, le Camere e i Senati dei 50 Stati, il GOP ne controlla ora 69, con i DEM che ne hanno solo 30: e' uno squilibrio pro-repubblicani che non si vedeva dagli Anni 20 del secolo scorso. Obama puo' insomma vantarsi solo per la sua performance personale, non certo per le politiche che ha promosso. Se gli americani avessero accolto entusiasticamente Obamacare, approvato l'accordo nucleare che regala la bomba a Teheran, assistito dal 2009 a una seria ripresa del PIL e dei redditi medi in linea con i valori storici delle uscite dalle precedenti recessioni (mentre il numero di chi non fa parte della forza lavoro e' balzato al livello degli Anni 70), i rappresentanti locali e nazionali, amministrativi e politici, del suo stesso partito non sarebbero stati puniti tanto severamente nell'era di Barack. Non si puo' fare a meno di pensare che all'alto tasso di opinione favorevole personale riconosciuta ad Obama continui a contribuire il “white guilt”, il senso di colpa di una bella fetta di americani che non sono razzisti, ma che soprattutto non vogliono passare per tali criticando il primo presidente nero: cosi' hanno buttato a mare la Hillary, per la quale Barack e Michelle pure si sono spesi senza risparmi, e i candidati DEM nazionali e periferici. La sopravvivenza politica di Obama significa pero' che il partito DEM non avra', almeno nel breve periodo, la capacita' di far crescere eredi che si forgiano nella lotta per posti elettivi, e che da li' traggono esperienza, notorieta' e credibilita'. Sul piano della linea, poi, la rivendicazione obamiana di aver saputo imporre una virata a sinistra, giudicandola positiva per il paese quando invece e' stata la molla per la rivolta pro Trump, e' la garanzia che il futuro dei DEM sara' una rincorsa dei populismi nel segno della correttezza politica. Obama ha ampliato la definizione di matrimonio, lui che era stato eletto nel 2008 dicendo di essere contro le nozze gay. E ha sostenuto che negli ultimi “decenni” le relazioni tra bianchi e neri sono migliorate, che e' un'affermazione meta' corretta e meta' stonata: ha escluso alcun merito suo in questo trend positivo, di fatto ammettendo il fallimento in un'impresa che doveva essere il suo ovvio e centrale obiettivo; ma, sfacciatamente, ha tenuto il sermone proprio a Chicago, la citta' che nel 2017 ha battuto un record di criminalita' che durava da 20 anni, e proprio grazie ai neri delle gang che hanno causato 762 vittime (piu' dei morti ammazzati di Los Angeles e New York messi insieme, anche se gli abitanti della sola Grande Mela sono il triplo dei concittadini di Obama). La parte che piu' ha tradito il vero Obama “ideologico” e' stata l'annuncio della nascita del gruppo, “Organizing for Action”, “Organizzarsi per l'Azione”, che e' una costola della sua campagna: avra' il compito di reclutare e formare schiere di militanti anti GOP, pro tasse e pro welfare. “Lasciate che 100 Obama fioriscano”, direbbe Mao se potesse vedere all'opera il “compagno americano”. Ma la realta' e' che sono Elizabeth Warren e Bernie Sanders, o la stessa Hillary e Joe Biden, i vecchissimi nomi destinati a raccogliere il testimone dell'ex attivista di quartiere. di Glauco Maggi