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Borsa, Pil, high-tech e posti di lavoroI quattro "miracoli" del tycoon Trump

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Trump fa Grande l'America prima ancora di insediarsi il 20 gennaio. I media del mainstream sono impegnati a fargli la guerra sulla Russia, sulla Cina, sulla Cia, sulle nomine dei generali e dei banchieri, ma intanto il “paese reale”, il popolo degli investitori e dei consumatori, anche le componenti schizzinose del mondo del lavoro che prima non lo volevano (come i re dell'High Tech), lo stanno ‘cavalcando' a piu' non posso. Non e' che tutti lo amino gia', e peraltro non e' questo il primo pensiero di gente che ha vissuto otto anni di un'economia obamiana con il freno a mano tirato. Il solo fatto del cambio del marchio del padrone, dal politico ideologo e parolaio al tycoon decisionista e pragmatico, ha fatto il miracolo di ridare fiducia, persino ottimismo. Anzi, un poker di miracoli. 1= La Borsa e' stata la prima a cavalcare la tigre Donald proiettando il Dow Jones verso i 20mila punti, con la performance ‘monstre' della Goldman Sachs che e' balzata del 31% dall'8 novembre ad oggi, e ha fornito alcuni suoi top executives al team del presidente eletto. Il fiuto dei mercati e' proverbiale, ed evidentemente devono aver pensato che Trump merita fiducia se ci hanno puntato tanto, senza nemmeno aspettare di vederlo governare ma basandosi sul suo passato di imprenditore e sulla squadra che sta mettendo insieme. Di sicuro, avendo sperimentato Obama sulla pelle, gli americani compratori di azioni non hanno preso sul serio le profezie nefaste di Paul Krugman, il Premio Nobel dell'economia acceso sostenitore dei DEM. Diventato da anni uno sfrenato columnist liberal, dalle pagine del New York Times Krugman (non lui solo, per la verita') aveva previsto il 7 novembre un collasso del mercato delle azioni, senza recupero in vista, se avesse vinto Trump. Chi ha scommesso ‘contro', vendendo, ha perso dunque tanti soldi sull'altare dell'ideologia di sinistra. I ‘Tori' sono stati piu' forti degli ‘Orsi'. 2= “The Trump Boom?” (Il Boom di Trump?) e' il titolo di un articolo dell'economista di Harvard Kenneth Rogoff, che “vede” una crescita del PIL USA del 4%, almeno nel primo biennio trumpiano. Cio' da' la misura del clima che e' cambiato, ed e' riscontrabile pure nel balzo dell'indice della fiducia dei consumatori. A parte l'eccezione rimarchevole delle idee protezionistiche sui patti del commercio estero, nota Rogoff, le politiche sventolate da Trump sono fortemente pro-business. L'intenzione di deregolamentare nei comparti del lavoro e dell'ambiente e' un punto fermo, per non parlare della cancellazione e/o del rimpiazzo di Obamacare, riforma-capestro che pesa per il 17% dell'intera economia. “I businesses potrebbero davvero iniziare ancora a reinvestire. La spinta alla fiducia e' gia' palpabile”, scrive Rogoff. “Poi c'e' la prospettiva di un massiccio stimolo, che prefigura un'enorme espansione della spesa per le infrastrutture, una necessita' inderogabile”.    3= Oggi 14 dicembre tutti i Big dell'High Tech, che non lo volevano come presidente e gli hanno fatto terra bruciata attorno durante la campagna, hanno fatto il pellegrinaggio alla Trump Tower, su invito di Donald. Contano sulla “deregulation” e sulle tasse aziendali che il neopresidente ha promesso di abbassare, e sperano di convincerlo ad essere piu' aperto sulla immigrazione dei cervelli esteri che tanto servono allo sviluppo e ai profitti delle loro aziende, ma che avrebbe un beneficio pure per l'innovazione tecnologica made in USA. Come e' stato con gli immigrati russi, indiani, cinesi e gli altri brillanti talenti stranieri che hanno aiutato a creare le start up USA oggi in vetta alle classifiche delle imprese di successo. Con Obama ideologo di sinistra, i Ceo di Google, Facebook, Yahoo etcetera avevano affinita' elitarie, come le stelle di Hollywood. Con Trump imprenditore sperano di sedere ad un bel tavolo di discussioni d'affari, ed e' questo il linguaggio che piace a lui. La prospettiva non puo' che fare un gran bene all'America.   4= L'IBM ha annunciato un piano di assunzioni negli USA di 25mila addetti in 4 anni, di cui i primi 6mila saranno nel 2017, come ha scritto la CEO Ginni Rometty su USA Today. La manager guarda ad un futuro del lavoro in evoluzione e pensa a nuovi posti di lavoro per operai  che non richiedono necessariamente un'alta educazione universitaria, ma che possono essere “formati” in un sistema scolastico modificato secondo le esigenze delle aziende. Sembra il profilo degli elettori di Trump. di Glauco Maggi

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