I veri numeri della vittoria di TrumpNessuno come lui dai tempi di Reagan
Un'analisi del Centro per la Politica dell'Università della Virginia mostra che i Democratici si illudono di grosso, se basano le prospettive di rivincita nel 2020 sui fattori etnico-demografici a loro culturalmente tanto cari: l'appeal tra gli afro-americani e gli ispanici, e in generale nella popolazione “diversa” e liberal delle citta', grandi e grandissime. Il crollo dei Democratici nell'America rurale, suburbana, extra-metropolitana, dicono le cifre uscite dalle urne, e' impressionante e segnala un trend difficilissimo da ribaltare per i DEM, se il GOP non commette errori da suicidio. Puo' suonare controintuitivo, se ci si basa sul vantaggio di 2,5 milioni della Clinton nel voto popolare, ma questa sua “vittoria” non si e' tradotta nelle maggioranze che contano a livello dei distretti. La riprova e' che, mentre Hillary ha superato Trump nel conteggio nazionale, gli americani hanno dato tre milioni di voti in piu' ai candidati deputati repubblicani che a quelli DEM: e' cio' che ha prodotto la conferma larga del controllo del GOP alla Camera. Veniamo ai numeri forniti dalla Universita' della Virginia. Hillary ha vinto la meta' delle contee che andarono a Obama nel 2008, e un terzo di quelle conquistate dal marito Bill nel 1996. Trump ha conquistato 2.625 contee, mentre a Hillary ne sono andate solo 487, circa la meta' delle 875 che Obama si era aggiudicato nel 2008. I DEM avevano fatto il pieno nel 1996, quando Bill Clinton vinse 1.527 contee, quasi eguagliando quelle dello sconfitto repubblicano Bob Dole. Il vice di Trump, Mike Pence, nel programma tv domenicale “Meet the Press” ha definito quella dell'8 novembre 2016 “ una storica elezione in cui Trump ha vinto 30 dei 50 Stati e piu' contee di qualsiasi candidato del nostro partito dai tempi di Ronald Reagan”. “Esperti di politica elettorale sostengono che il trend pone un rischio di lungo termine per i Democratici”, ha scritto Brendan Kirby su Lifezette.com. “Non solo cio' rende piu' arduo raggiungere i 270 Grandi Elettori necessari a dare la presidenza, ma rende anche piu' difficile conquistare una maggioranza di seggi nella Camera dei deputati”. E Geoffrey Skelley, direttore associato della “Sfera di Cristallo”, il sito del Centro per la Politica dell'Universita' della Virginia, ha detto che i distretti che eleggono i deputati Democratici nelle aree densamente popolate tendono a essere a stragrande composizione Democratica, con tantissimi voti “ultra sprecati”. Il partito democratico, secondo Skelley, era abituato a vincere in molte aree rurali. Ora le aree di campagna che i DEM riescono a conquistare hanno larghi numeri di elettori non bianchi, come i votanti neri nel Sud e gli ispanici nel West, oppure sono cittadine universitarie che si mantengono ancora largamente rurali. E' chiaramente una sfida per i Democratici, che sono distribuiti in modo non efficiente”, ha concluso il ricercatore dell'Universita' della Virginia. La nuova versione del GOP trumpiano, che nelle premesse si presenta come un esperimento di fusione tra populismo a-ideologico e conservatorismo ortodosso, puo' dunque essere la ricetta per una permanente maggioranza repubblicana? Dopo le due vittorie di Obama c'erano stati storici e analisti di sinistra che avevano sentenziato la morte del GOP e si e' visto come e' andata a finire. E' piu' serio, e nelle democrazie vere che garantiscono la possibilita' dell'alternanza e' la regola aurea, dare a chi ha vinto l'onore e l'onere di dimostrare di meritare la conferma in base al lavoro fatto e ai risultati ottenuti. Si vedra' come governera' Trump e l'America lo valutera' ai seggi, comunque per l'ultima volta, tra quattro anni. Dove le maggioranze politiche sono permanenti davvero, come nelle amministrazioni delle citta' in mani democratiche da decenni, tipo Chicago o Baltimora, la continuita' ha portato al degrado civile . di Glauco Maggi