Castro morto, è festa grande a MiamiMa Cuba resta ancora una dittatura
“Per noi e' un enorme, monumentale, momento di storia. La morte di Fidel e' un evento simbolico formidabile per noi cubani”. La ragazza con il chihuaha in braccio, e la mamma a fianco, sono raggianti. Commosse. “E' pazzesco nella 49esima strada”, e la mamma indica con la mano la via li' vicino, cuore della Little Havana, attraversata da una teoria interminabile di auto a tutto clacson, con la gente che sbandiera il vessillo rosso e blu di Cuba fuori ai finestrini . “Magnifica follia”, ha descritto la scena di giubilo il 29enne Christopher Sweeney. “Fidel, tiranno, vai via con tuo fratello! Liberta'” gridavano i dimostranti, giovani e anziani. Bisogna vederli i video sul sito del Miami Herald (http://www.miamiherald.com/news/nation-world/world/americas/fidel-castro-en/article117202073.html ) per capire i sentimenti veri che produce una rivoluzione comunista in coloro che sono sopravvissuti, scampando con l'esilio a morte, repressione e miseria. “Vorrei che mio padre fosse qui per vedere questo”, ha detto piangendo al giornalista del Miami Herald il 27enne Abraham Quintero alle 2 del mattino, davanti al ristorante Versailles, uno dei punti di raccolta della folla poche ore dopo l'annuncio che ha fatto esplodere la comunita' dei cubani. Sono in migliaia, piangono e ridono di gioia, esuli e figli e nipoti di esuli. Sono i testimoni diretti di uno dei drammi storici nel segno delle dittature comuniste: i parenti e gli amici di centinaia di migliaia di persone uccise nelle galere o disperse nella diaspora delle vittime del regime castrista. Gente che non ha perdonato ai Castro di aver distrutto il sogno di una libera vita nella loro non piu' libera isola. Gente che adesso ha davanti un altro momento storico da celebrare, la morte di Raul, prima di poter sperare in una seria evoluzione democratica. Non quella che Obama non ha ottenuto pur con il suo cinismo: il voler entrare nella storia con la riapertura delle ambasciate e delle relazioni diplomatiche tra i due paesi, senza effetti tangibili di democratizzazione politica del regime. Vedremo nei giorni a venire tante altre manifestazioni in giro per il mondo, dove scorreranno le lacrime dei fans nelle celebrazioni della rivoluzione rossa, dell'antiamericanismo, dell'anticapitalismo. A scendere in piazza, pero', non saranno i cubani. Saranno solo le anime belle che amano la rivoluzione marxista fatta sulla pelle degli altri. Dite agli “amici di Cuba” di trasferirsi nel ‘paradiso' di Raul, ora che Fidel e' un monumento, e la prenderanno come la provocazione che e': “siamo seri”, risponderanno. Anche dopo le aperture di Obama non c'e' stato il minimo segnale di allentamento della repressione politica interna, e se i filocastristi e filocheguevaristi d'Occidente potessero emigrare nelle Americhe, e' negli USA che andrebbero, non all'Havana. Magari persino a Miami, stando solo lontani dal quartiere di Hialeah, dove la gioia per la morte del tiranno rimarra' nell'aria, e nei cuori, ancora per chissa' quanto. di Glauco Maggi