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L'indiana Nikki Haley ambasciatrice OnuLa prova che Trump bada solo al sodo

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Con un colpo solo, Trump ha inserito la prima donna, e la prima “non bianca”, nella sua amministrazione. La prescelta per il posto prestigioso di ambasciatrice all'ONU e' Nikki Haley, nata negli USA da genitori immigrati dall'India, governatrice assai stimata della Sud Carolina fin dal 2011. Haley ha 44 anni, era stata eletta la prima volta nel novembre del 2010 ed e' stata confermata poi nel 2014. Ha maturato una buona esperienza nei due mandati da governatrice, gestendo le trattative per lo stabilimento nel suo stato di importanti fabbriche, dalla Boeing alla Volvo, attratte dalla legge della Sud Carolina, uno dei 26 Stati americani dove vige il “diritto al lavoro” al di fuori dall'obbligo d'iscriversi al sindacato. Non potendo piu' essere rieletta nel 2018 per il limite statale dei due mandati, Haley e' stata molto citata durante questa campagna essendo di fatto “sulla piazza” come stella emergente nel partito. Il suo nome era girato addirittura come probabile candidato presidente, e poi come vice di Trump o possibile Segretario di Stato. Trump le ha preferito come vice Mike Spence e per il posto di segretario di stato ha ora in cima alla lista Mitt Romney. Sono scelte che rispettano la diversa anzianita' di servizio e la fama politica dei due repubblicani storici, ma non sminuiscono la promozione di Nikki. “Haley ha una provata capacita' di fare accordi e noi abbiamo intenzione di farne tanti. La governatrice ha al suo attivo un passato operativo in cui ha saputo far lavorare insieme la gente a prescindere dal loro background e dalla appartenenza ad un partito”, l'ha presentata Donald ufficialmente. Nikki, che prima del voto era stata ostile a Trump, con il quale aveva anche litigato apertamente rilasciando dichiarazioni pubbliche avverse prima di arrendersi alla sua nomina con lo stesso realismo di Ted Cruz e di altri, ha accettato con soddisfazione l'incarico: “Sono onorata che il presidente eletto mi abbia chiesto di unirmi al suo team”, ha detto. “Il nostro paese ha da affrontare enormi sfide qui in patria e all'estero”. La nomina per il posto, che ha il rango di ministro, dovra' essere confermata dal Senato. Ma intanto Trump ha mostrato, con la stretta di mano con Mitt Romney e con la indicazione di Nikki, di non essere per niente vendicativo ma di badare al sodo, e al futuro. Vuole fare una squadra dalle diverse nuance politiche e dai vari profili etnici e di genere che sono indispensabili per avere punti di vista concorrenti nelle discussioni di gabinetto, e per rispecchiare il melting pot degli Stati Uniti. Trump non e' tipo da “quote” autoimposte per rispettare la correttezza politica, ma la sua storia da imprenditore che punta ai talenti, e da uomo di mondo newyorkese con frequentazioni di ogni genere, gli ha gia' fatto scegliere tante donne ed omosessuali per i posti da executives nella Trump Organization. Secondo un deputato repubblicano nel team della transizione del GOP, il 20 gennaio alla festa della inaugurazione potrebbe addirittura esserci un concerto del noto gay Elton Jones, amico di Donald da decenni. di Glauco Maggi

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