Obama sapeva delle mail "segrete" di HillaryTutte le bugie del presidente "ignorante"
Ci sono le prove, nelle email di Wikileaks, che Obama ha mentito nel marzo del 2015 quando ha detto di aver saputo delle email private del server personale di Hillary “nello stesso momento in cui ognuno l'ha saputo, cioe' attraverso gli articoli dei giornali”. Sappiamo ora che quella uscita di Barack allarmo' l'entourage di Hillary, grazie alla email in cui l'assistente della Clinton, Cheryl Mills, scrisse all'allora capo dei consiglieri, John Podesta, ora manager della campagna, “dobbiamo fare pulizia di questa roba, perche' lui (Barack) ha ricevuto emails da lei (quando era segretaria di stato NDR), e queste emails non hanno l'indirizzo state.gov”. Il presidente, dunque, scambiava messaggi con la sua “ministra degli esteri” al di fuori del canale ufficiale, come era obbligatorio fare, e questo particolare, adesso, ha fatto correre ai ripari il suo portavoce Josh Earnest con una dichiarazione “esplicativa” che, in verita', non convince nessuno. “Il presidente non aveva detto che non aveva scambiato messaggi con lei. Di sicuro possedeva il suo indirizzo privato, ma non aveva alcuna conoscenza di dove fosse piazzato il suo server (nella cantina della sua villa in New York State NDR) e di quale tipo di accordo fosse stato arrangiato per mettere in magazzino la sua corrispondenza (e' un obbligo di legge per i pubblici ufficiali conservare le lettere che riguardano la loro attivita' per eventuali inchieste successive nel rispetto della legge per la trasparenza degli atti amministrativi, e gli scambi tra un ministro e il presidente ricadono normalmente sotto questa categoria NDR)”. La professione di ignoranza di Obama, fatta nel momento dello scoppio dello scandalo, puntava a predisporre una linea di difesa per la Casa Bianca in caso di coinvolgimento in una assai probabile inchiesta dell'FBI. E' un approccio da “uno che cade dal pero” che il presidente ha usato senza risparmio ogni qual volta si e' trovato davanti a scandali ed imbarazzi provocati dalla sua amministrazione. Passare per lo gnorri che sa le cose all'edicola non e' il massimo, ma e' preferibile dell'assunzione di responsabilita' che comporta l'ammettere di averle sapute prima, e quindi condivise. Obama comincio' con il dire che non sapeva nulla di “Fast and Furiuos”, l'operazione-fiasco con la quale il Dipartimento di Giustizia armo' di fatto i cartelli della droga architettando la consegna di migliaia di armi ai “pesci piccoli” delle gang per poter risalire ai capi in Messico: fallimento totale, ed Eric Holder, l'attorney general, si immolo' fino ad essere condannato per disprezzo dal Congresso pur di fare muro contro le commissioni inquirenti e coprire Barack. Poi il presidente disse di non sapere nulla del lavoro di spionaggio telefonico, da parte della NSA americana, dei leader stranieri, dalla tedesca Merkel alla brasiliana Roussef. E quanto al generale David Petraeus che diede carte segrete alla sua amante? A informare Obama, a sentire lui, anche in questo caso erano stati i giornalisti. Idem, va da se', per il complotto della agenzia delle tasse IRS (ministero del Tesoro) contro i gruppi dei Tea Party e filo-repubblicani. E lo scandalo dei tanti morti per malasanita' negli ospedali dell'Amministrazione dei Veterani, che e' un ministero del suo gabinetto? E il monitoraggio anti-liberta' di stampa ai danni dei giornalisti della AP e di FOK News? Tutta acqua passata sotto il ponte di Obama, che ha scelto di proteggersi con la corazza del piu' ignaro presidente della storia americana. E bisogna ammettere che ha avuto ragione lui: e' stato rieletto nel 2012 e, ancora oggi, ha un indice di popolarita' sopra il 50% (57 per Gallup, 55 per CBS e 52 per Fox News). Hillary, invece, nella media dei sondaggi sul suo rating, ha contro il 53,1% degli americani, con il 43,1% di favorevoli. Se vincera', come resta assai probabile anche se negli ultimi sondaggi Trump ha un lieve vantaggio in Florida e in Ohio (mentre perde largamente a livello nazionale), la Clinton avra' comunque un brutto destino che l'aspetta. Sgombrato il campo dal pericolo di avere un Donald, e non piu' intimorita dal dover offendere il primo presidente nero che ha fatto carte false per far eleggere Hillary in quanto Democratica, l'America si dedichera' agli scandali della Clinton. Il suo solo scudo sara' di essere la prima donna presidente, ma la Camera, che restera' in mani repubblicane, avra' il potere di indagare sugli sviluppi delle indagini sulla corruzione e sui conflitti di interesse della Clinton Foundation e del Dipartimento di Stato sotto Hillary. E c'e' una miniera di nuove email di Wikileaks da scavare, che documentano come, quando e quanto l'apparato di governo di Obama e l'FBI abbiano usato un trattamento di riguardo, eticamente ripugnante e legalmente piu' che sospetto, pur di farla approdare alla presidenza. “La combine di Hillary con l'FBI fa vergognare Nixon”, e' il titolo di un editoriale sul New York Post di oggi, con l'inquietante parallelo, firmato Michael Goodwin, vincitore del Premio Pulitzer di giornalismo nel 1999. Lo spettro di Richard Nixon, insomma, si aggira gia' nella Casa Bianca di Hillary. di Glauco Maggi