Clinton e Trump: tutti gli scandali dei candidati
La produzione seriale di scandali – veri – di Hillary è stata la sua strategia vincente in questa campagna. Sembrava in una certa difficoltà all'inizio, quando si seppe del suo server privato illegale, necessario per nascondere le email imbarazzanti di quando era segretaria di stato e voleva arrivare “scandal free” alla sfida presidenziale. Contemporaneamente agli imbarazzi su Bengazi, portati alla luce nelle audizioni in Congresso, spuntò la Global Clinton Foundation, che per anni aveva mantenuto la macchina politica della famiglia con contributi da aziende e governi esteri, formalmente allo scopo di salvare i poveri del mondo ma in realta' dedicata alla creazione di un polmone finanziario ad uso personale. I giornali, anche il New York Times, non si tirarono indietro nella esposizione delle magagne clintoniane e contribuirono a far crollare l'indice di popolarità della ex segretaria di stato dal 67% a meno del 50%. Poi è arrivato Trump, che ha occupato la scena mediatica con le sue sparate, seducendo una maggioranza relativa di repubblicani, 13 milioni in tutta America, che lo hanno portato trionfante alla Convention e alla Nomination. A questo punto, Donald ha cercato per qualche settimana di fare il candidato serio, ma l'istinto personale al suicidio politico ha fatto strame della buona volontà a sostenerlo del Comitato Nazionale Repubblicano. La serie di idiozie gratuite, di attacchi agli stessi repubblicani, di dichiarazioni-autogol, di video e di accuse sul suo sessismo hanno prodotto due effetti. Il primo è di aver regalato ai media, non solo liberal, titoli ed argomenti negativi in quantità industriale che lo hanno via via fatto crollare nei sondaggi (oggi venerdì 21 è a 39,2% delle preferenze, contro il 45,2% della Clinton). Il secondo è di aver inquinato a tal punto il mondo delle news con le sue uscite (l'ultima è quella del rifiuto di accettare fin d'ora l'esito delle elezioni, che gli ha dato il colpo di grazia tra gli indipendenti) da aver creato un senso di stanchezza, di rigetto delle novità che riguardano la campagna elettorale. E qui sta il genio perverso della campagna di Hillary, aiutata paradossalmente da Wikileaks che continua a sfornare email di Huma Abidin e John Podesta, i due più stretti collaboratori della candidata DEM. Ogni giorno, a volte più volte al giorno, escono email con notizie sul passato di Hillary che, in altri anni elettorali, avrebbero fatto saltare il banco, e che invece, nell'opinione pubblica dell' ottobre 2016, disgustata dal livello disdicevole dei due sfidanti, passano come acqua sul marmo. Scandalo scaccia scandalo, cioè non c'è più niente che scandalizza. Se è vero che Putin, con i suoi hackers, è dietro alla somministrazione di scoop ad Assange per danneggiare Hillary e favorire Trump, è meglio che si rassegni. La pioggia di scandali non fa più nemmeno il solletico alla DEM, perché la gente è come se fosse vaccinata contro la clintonite. Le basta aver deciso che Trump è impresentabile, che è il nemico pubblico numero uno, e che deve perdere a prescindere da chi sia la sfidante. Volete la prova? Tv e giornali hanno riportato oggi una storia che sarebbe normalmente devastante per un politico, ma che non sposterà di un centesimo le percentuali dei sondaggi. La premessa è che il Dipartimento di Stato, sotto Clinton dal 2009 al 20I3, definì il governo del Marocco “responsabile di arresti arbitrari e di corruzione”. La stessa Clinton però chiese, nel 2014, una donazione alla Clinton Foundation per 12 (dodici) milioni di dollari al re del Marocco, offrendosi di partecipare a un summit privato, chiuso alla stampa, a Marrakesh l'anno successivo. O ospitare il convegno, e a pagare materialmente la Clinton, sarebbe stata la compagnia mineraria statale di fosfati, la OCP, nota per gli abusi sui suoi lavoratori con serie violazioni dei diritti umani. Quando, nella primavera del 2015, Hillary si accorse che la data della sua “missione” era maggio, coincidente con il lancio della campagna presidenziale, mandò Bill e Chelsea nel tentativo patetico di coprire il conflitto di interesse di un candidato alla Casa Bianca che chiede denaro a uno stato arabo. “Hillary ha creato questo casino e lo sa bene”, si legge in una email di Abidin sul caso fornita da Wikileaks. “La condizione alla quale il Marocco si è detto d'accordo a ospitare il summit è la partecipazione di Hillary… È stata una sua idea, il nostro ufficio ha contattato i marocchini e loro credono al 100% che è stata lei a fare la richiesta. Il re si è personalmente impegnato per circa 12 milioni sia per la Fondazione sia per pagare il meeting”, scrive la Abidin. Un qui pro quo chiarissimo. Il rappresentante del Fronte Polisario, gruppo di opposizione in esilio, ha spiegato da Washington il perché del versamento. “ Il governo lo ha fatto perché sa che Hillary ha la chance di diventare presidente degli Stati Uniti, e vuole il suo sostegno alla brutale occupazione del Sahara Occidentale”. Gli attivisti dei diritti umani, a proposito della OCP, hanno definito “fosfati insanguinati” quelli scavati nella miniera statale, paragonandoli ai “diamanti insanguinati” scavati altrove in Africa per finanziare le guerre dei dittatori. Il Marocco è solo uno degli interessati “amici” stranieri, scomodissimi e imbarazzanti, che hanno crediti da riscuotere dai Clinton. Ma agli americani, in maggioranza, oggi non frega niente che il presidente in arrivo entrerà alla Casa Bianca gravato di questi debiti, quindi ricattabile. La mia scommessa però è che se i votanti di Obama nel 2008 ci misero due anni a mostrare il “rimorso del compratore”, dimezzando la forza dei DEM nel Congresso alle elezioni di medio termine, con la Clinton faranno anche prima. Glauco Maggi