Donald Trump ha le prove che lo scagionano ma non basteranno. Ecco i sondaggi choc
Trump ha detto di avere le prove che lo scagioneranno dalle accuse a raffica, sparate dalle colonne del New York Times, sui suoi assalti sessuali di 10, 20 e anche 30 anni fa a una mezza dozzina di donne. Se anche saranno reali, ossia se daranno ragione al suo ‘categorico' diniego d'aver commesso quegli atti vergognosi e potenzialmente criminali, la sua campagna non trarra' vantaggi visibili. Il colpo dei media mainstream e' riuscito nell'affondare i sondaggi del miliardario, che oggi e' quasi 7 punti dietro Hillary nella media nazionale RCP, ma soprattutto ha perso terreno in quasi tutti gli Stati ballerini decisivi per la vittoria. Risalire una tale china nei 20 giorni finali non e' mai riuscito a nessun candidato, e il terzo e ultimo dibattito del 19 ottobre e' diventato un'ultima spiaggia solo in teoria. E se i giochi sono fatti, cio' non e' solo il risultato delle accuse a sfondo sessuale portate attivamente contro Donald dai giornali e dalle TV amiche dei DEM, ma anche dal velo steso dall'establishment, altrettanto attivamente, per coprire gli scandali e i misfatti, personali e politici, dei Clinton e di Obama. Prendiamo Wikileaks, che sta rilasciando migliaia di email che riguardano Hillary, spedite e ricevute negli ultimi due anni dal suo braccio destro John Podesta e dal Comitato Nazionale Democratico. Contengono dettagli inquietanti sul complotto che la campagna della Clinton ha coordinato con i giornalisti fidati e la stessa Casa Bianca, prima per fare fuori Sanders e assicurarle la nomination, poi per proteggere la candidata dalle notizie negative. Assange si era montato la testa. Le sue rilevazioni ai tempi della guerra in Afghanistan ebbero grande successo, perche' erano gonfiate dai media di sinistra e servivano alla causa anti-americana. Ora che se la prende con il mondo clintoniano-obamiano l'effetto delle sue email, pare 40mila, che dovrebbero vedere la luce di qui all'8 novembre, e' patetico. Non che non abbiano contenuti che sarebbero devastanti in un contesto politico dominato dai repubblicani. E' che, dopo l'assoluzione preventiva data alla Clinton dall'FBI nel luglio scorso per la faccenda del server, delle immunita' regalate allo staff dell'ex segretaria di Stato, dei cellulari distrutti a martellate e non giudicati “distruzioni di prove e ostruzione della giustizia”, c'e' una diffusa rassegnazione sulla possibilita' che niente possa scalfire l'intangibilita' di Hillary e la credibilita' di Obama. Basta accusare Assange di essere uno strumento di Putin, senza prova alcuna, e i documenti esplosivi diventano cartaccia. Tra Obama e la Clinton e' una gara a chi ha mentito di piu', in questi anni, ma le notizie di nuove bugie generano sbadigli, non indignazione. Ricordate Obamacare? “Chi vuol tenere il suo medico lo terra'”, disse Barack, e forse e' la bugia che, piu' di tutto il campionario, la gente comune ha verificato e subito sulla propria pelle. Ora dall'altra miniera di email, quelle 32mila che Hillary ha cercato di cancellare o distruggere e che il Dipartimento di Giustizia sta diffondendo con il contagocce sotto ordine del tribunale, sappiamo che Obama aveva scritto e ricevuto email sul conto personale “non protetto” di Hillary. E' quello stesso Obama che disse, qualche settimana dopo che era uscita la notizia, “ho saputo del server privato e del conto email personale extra-ministeriale della Clinton dai giornali”. Pinocchio! Di Hillary, oltre alle email, basta dire “Bengazi” e “Clinton Foundation” e chi e' in buona fede capisce tutto. Non sono pochi, in America, visto che solo un terzo valuta la cornuta seriale “onesta e degna di fiducia”. Trump ha lo stesso squallido rating, secondo i sondaggi, ma mentre la “disonesta' “ di Trump gli pesa come un macigno, quella della Clinton scivola via, ignorata dai media. Verrebbe da dire che quella di Barack e della sua compare di malgoverno Hillary sia stata sempre una strategia consapevole: produrre scandali in quantita' industriali, confidando che quello nuovo nasconde quello vecchio, senza lasciare traccia sul pedigree elettorale tanto ci sono i media a vigilare. Alla vigilia del voto nel novembre 2012, Obama-Clinton dovettero almeno lavorare duro su Bengazi: mentirono in tv e all'ONU sull'attacco dei terroristi e usarono la partigianeria anti Romney della giornalista della CNN nel dibattito presidenziale, tutto per difendere la narrativa falsa che “la marea della guerra sta recedendo” mentre l'ambasciatore USA e altri 3 militari venivano uccisi nell'attacco dei radicali islamisti. Oggi e' tutto piu' facile per la Casa Bianca, che ha vinto per sfinimento e totale incapacita' dei repubblicani. L'America e' in guerra in Yemen contro gli Houthi, gruppo manovrato dall'Iran che ha rovesciato il governo filo-saudita, ma non lo sa nessuno. Eppure, gli USA hanno sparato missili veri contro gli Houthi, che avevano sparato missili verissimi domenica scorsa contro la nave da guerra USA USS Mason, che era in acque territoriali. E' il modo di Teheran di ringraziare Obama per l'accordo sul nucleare, condito con centinaia di miliardi di dollari. Dopo l'influenza conquistata in Siria e in Iraq appoggiando i governi di Assad e quello sciita di Baghdad, l'Iran punta ad una terza base in Yemen, scalzando i sauditi. Gli Houthi sono come gli Hezbollah, armati e guidati dall'Iran, e l'attacco alla USS Mason e' un ovvio atto bellico. Ma a 20 giorni dal voto la Casa Bianca si guarda bene dal chiamare “guerra una guerra”, cosi' come non ha mai chiamato “islamici i terroristi islamici”. Cosi, per il Pentagono, i missili sparati giovedi' in risposta a quelli degli Houthi, sono stati “bombardamenti limitati di autodifesa condotti per proteggere il nostro personale, le nostre navi, e la nostra liberta' di navigazione in questo importante tratto marittimo”. di Glauco Maggi @glaucomaggi