Più che Servergate questo è un FBI-gateIl "Bureau" non è più un organo indipendente
C'era una volta l'FBI castigamatti dei cittadini americani filocomunisti, quando USA e URSS erano in piena Guerra Fredda. Il Federal Bureau of Investigation, allora, era odiato dalla sinistra estrema perche' faceva il suo lavoro nel difendere la patria e l'Occidente contro Mosca, e per questo fine era sostenuto in modo sostanzialmente bipartisan da repubblicani e democratici. Benvenuti nella FBI versione 2016, che si e' trasformata nel baluardo legale-investigativo che non persegue chi commette reati federali evidenti, ma si dedica a difendere un partito, i DEM, sostenendo lo sforzo di Hillary di succedere ad Obama. La partigianeria a favore della Clinton di James Comey, il direttore attuale dell'FBI, nella gestione delle indagini sul server privato della Clinton e delle relative email con le informazioni classificate lasciate alla merce' degli hackers, e' ormai assodata. La prova e' nelle audizioni congressuali – l'ultima e' stata quella di mercoledi' 28 – in cui la divisione nella Commissione che indaga sullo scandalo tra i deputati del GOP che lo criticano e quelli democratici che lo lodano e' da tifosi allo stadio. Il primo risultato, pessimo in termini istituzionali, che e' gia' stato raggiunto dall'FBI, e' quindi di aver distrutto la propria credibilita' davanti alla nazione come ente super partes. Il secondo aspetto e' di sostanza politica, perche' genera la seguente domanda: riuscira' l'insabbiamento clamoroso condotto dall'FBI, in combutta con il governo Obama (attraverso il Ministero della Giustizia guidato dalla fedelissima obamiana Loretta Lynch), e con il favore smaccato della stampa mainstream, a nascondere le vergogne di Hillary, e del suo staff, fino all'8 novembre? Di fatto, l'FBI ha rinunciato al suo dovere di promuovere una causa giudiziaria, pur in presenza di fatti, prove, documenti che aumentano di giorno in giorno e sono schiaccianti agli occhi di tanti osservatori ed esperti. Cosi' facendo, l'FBI ha evitato a Hillary e ai suoi aiutanti il fastidio di “spiegarsi” in tribunale, un esito che avrebbe fatto franare le speranze di Casa Bianca ai DEM. La parola va percio' al pubblico degli elettori, che tra 40 giorni avranno la chance di valutare se davvero merita la presidenza un soggetto con la fedina tenuta pulita, in modo sporco, da un complotto giudiziario-politico senza precedenti. Il ServerGate del clan Clinton-Obama e' piu' grave del Watergate, che – giustamente - costo' il posto a Nixon. Ma stavolta il Washington Post, e gli altri giornaloni liberal, hanno dato l'endorsement pro Hillary, e ovviamente mettono la testa sotto la sabbia facendo carte false per far perdere Trump. La storia del server, con gli scandali satelliti della Clinton Foundation e di Bengazi, ha gia' comunque provveduto a far si' che Hillary sia considerata bugiarda, disonesta e inaffidabile dal 65-70% degli americani. Del resto, sia pure se solo su un'esigua minoranza di testate (come le pagine degli editoriali del WSJ, il New York Post, Drudge Report e Fox News) le notizie escono, e ci si puo' aggiornare se non si vuole bere la narrativa mainstream. I particolari della vicenda, che dura da oltre un anno, sono numerosi e complessi, ma il punto fondamentale e' questo: come puo' l'FBI non accusare Hillary e i suoi stretti collaboratori di “ostruzione della giustizia”, o di “distruzione di prove”, quando sono emersi ripetutamente dettagli inconfutabili che lo dimostrano? Comey dice di non aver trovato “prove serie”, anche se ha garantito “l'immunita' ” a ben cinque aiutanti di Hillary, dalla ex capo staff diventata poi sua legale, Cheryl Mills, al tecnico del contractor IT che ha gestito il server famoso e provveduto a cancellare email dopo aver ricevuto dal Congresso l'ordine di preservarle e consegnarle. L'FBI ha usato le “immunita' “ non per far “cantare” i pesci piccoli per incastrare il capo, come' la norma, ma per assolverli dal reato di ostruzione della giustizia, un assurdo giudiziario. In altre parole Comey ha accettato come niente fosse, senza far pagare ad alcuno le conseguenze per le loro azioni criminali, di non avere dal clan Clinton i seguenti oggetti di indubbio interesse, elencati sul New York Post da Paul Sperry: *L'Apple personale usato da Hillary nei primi due mesi da segretaria di Stato. *Un Apple MacBook e un disco con gli archivi delle sue email “andati persi”. *Due BlackBerry *Tredici cellulari, o perduti o distrutti a martellate. *Due iPads. *I files di back up del server che sono stati cancellati. *Copie delle email nei laptops di Mills e di un altro aiutante, anche se a entrambi e' stata data l'immunita'. L'aiutante ha “ripulito” il server con un software speciale, BleachBit (candeggina digitale), DOPO che la Commissione Bengazi aveva richiesto quei documenti. *L'archivio di email del server di Hillary e' stato “disinfettato” con il software BleachBit dall'amministratore del sistema, Paul Combetta. Il tecnico ha cancellato pure lui le email DOPO che erano state “subpoenaed”, ossia dopo che era stato ordinato dalle autorita' di conservarle e presentarle per l'inchiesta. *I backups dei file delle emails che sono state cancellate a mano. Non bisogna essere Sherlock Holmes per sospettare che, con questa montagna di indizi, il crimine di “ostruzione della giustizia” e di “distruzione delle prove” meritasse di essere portato davanti a un giudice. Comey, che fino a prima di questo caso aveva una reputazione di onesto inquirente, ha invece raccomandato lui stesso il “non luogo procedere”, cosa che non spetta a lui di fare ma al ministero della Giustizia. E' stato insomma piu' realista del re, perche' non solo ha condotto senza pudore un'indagine predeterminata politicamente, ma ha poi anche evitato alla Lynch di prendere lei la decisione dell'insabbiamento, in modo da salvare Obama, il capo diretto della Lynch, dall'accusa di ingerenza. E' una pagina nerissima, la piu' sporca nel sistema della giustizia americana recente. Solo gli elettori potranno riscriverla, dando a Trump la possibilita' di riaprire il caso per ridare decoro e dignita' all'FBI. di Glauco Maggi