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Donald Trump, il bilancio dei repubblicani: ecco cosa dicono i sondaggi

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Il bilancio della Convention repubblicana e' sostanzialmente positivo. La prova e' il sondaggio conclusivo tra gli spettatori della CNN, rete con un pubblico tendenzialmente liberal, condotto dopo il discorso di accettazione di Donald Trump: e' piaciuto ad oltre il 50%, e addirittura in tre su quattro hanno detto che le idee esposte sono valide per raddrizzare la direzione sbagliata che ha imboccato il paese. Se il messaggio centrale di Trump e' stato recepito come chiaro e potente (in una battuta, “L'America e' malata e io sono la sola cura per guarirla”), nei 4 giorni del congresso i momenti di successo sono stati sicuramente piu' numerosi e incisivi degli imbarazzi. 1= Non sono successi gli incidenti esterni e le contestazioni interne, fenomeni che tanto erano temuti e che avrebbero seppellito le speranze del GOP di presentarsi come forza politica law & order e come partito in grado di trovare l'unita'. I gruppi ostili, da Occupy Wall Street a Black Lives Matter alle Pantere Nere, non hanno saputo o potuto, grazie all'ottima tenuta delle forze dell'ordine di Cleveland, creare “distrazioni” nelle strade o in sala tali da conquistare titoli dei giornali. Quanto ai “Never Trump”, la pattuglia di delegati del GOP che speravano di provocare un ribaltone, sono stati annichiliti dall'entusiasmo della stragrande maggioranza della sala e dalla fermezza organizzativa del CNR, il Comitato Nazionale Repubblicano, il cui direttore Reince Priebus ha fatto stretta lega con Trump e gli ha portato in dote una macchina di propaganda che fara' la sua parte nella campagna. 2= Trump ha dimostrato, selezionando gli invitati sul podio, di fare sul serio nel costruire un partito a piu' facce, non ideologicamente monolitico. La faccia piu' nuova, anzi inedita, e' stata quella di Peter Thiel, fondatore di Pay Pal, imprenditore della Silicon Valley, dichiaratamente omosessuale, che ha conquistato la platea dicendo «Sono fiero di essere gay, di essere repubblicano, ma soprattutto di essere americano». Thiel ha anche aggiunto che il “GOP non deve farsi distrarre dalle guerre culturali” ma deve concentrarsi sulla crescita economica. Il suo discorso, sottolineato dalla standing ovation con cui e' stato accolto, ha sepolto l'immagine dei repubblicani “omofobi”. E questo punto di “non ritorno”, dovuto alla sincera, e annosa, apertura personale di Trump verso i gay, e' destinato ad erodere il vantaggio dei DEM, abituati fino a ieri a vivere di rendita nella comunita' LGBT (lesbiche gay bisessuali transessuali). Dalla strage di Orlando in poi, grazie ai commenti di Trump in difesa dei gay e contro gli islamici che li opprimono, i democratici non hanno piu' il monopolio su quella fetta dell'elettorato. Nel contempo, pero', Trump si e' assicurato anche l'endorsement di James Dobson, fondatore del gruppo “Focus on the Family”, che si aggiunge agli altri leader evangelici che avevano gia' preso posizione pro Trump. Gli evangelici sono una comunita' non meno cruciale per fornire volontari per la campagna di novembre e per far votare Trump tutti i cristiani pro-vita e anti-aborto. 3= La scelta del vicepresidente, caduta su Mike Pence, governatore dell'Indiana, e' stata un altro tocco di realismo di Trump. Pence e' molto stimato nell'establishment del partito, e' buon amico di Paul Ryan, lo Speaker della Camera, e ha un pedigree da conservatore DOC. La platea ha mostrato di apprezzare la sua ascesa al ticket come necessario complemento della personalita' di Donald, e Pence ha fatto capire di essere pronto a fare la sua parte nel nuovo assetto di idee e di posizioni che costituiscono il programma del GOP, scritto per la Convention sulla falsariga della linea trumpiana. La politica e' pragmatismo, e i giorni di Cleveland hanno presentato un partito repubblicano che sta rimodellandosi sui temi che Trump ha sventolato da un anno a questa parte e che gli hanno garantito la nomination: America prima di tutto, accordi commerciali da modificare a beneficio della classe operaia Usa, lotta durissima all'ISIS, difesa strenua della polizia per dare Legge e Ordine al Paese. 4= I punti di caduta non sono mancati, e passeranno alla storia, ma con due diversi esiti. Il primo e' stato il plagio di parole e brani del discorso di Melania, la moglie di Trump, che la speechwriter della Trump Organization ha copiato dal discorso di Michelle Obama del 2008. La “colpevole” del fiasco ha offerto di dimettersi, ma e' stata graziata da Donald. Resta la brutta pagina, che per due giorni ha inquinato le cronache della Convention a detrimento di Trump, ma che non avra' conseguenze politiche di alcun rilievo: anche Obama fu colto in fallo per aver usato interi capitoli di un discorso del governatore del Massachusetts, ma dopo l'imbarazzo la sua carriera non ha sofferto. E Melania, poi, non corre per alcuna carica. Ben piu' importante, invece, e' stato il rifiuto di Ted Cruz di dare l'endorsement a Trump dal palco. Gli anti GOP, dentro e fuori il partito, hanno colto al volo l'occasione per rimarcare il dissenso di Cruz, sperando di tenere caldo il tema della spaccatura. Ma in realta' il povero Ted ha fatto l'autogol della sua vita. “Il biglietto del suicidio piu' lungo della storia”: cosi' il commentatore Charles Krauthammer ha definito il discorso di 40 minuti di Cruz che si e' concluso con l'invito a votare “secondo coscienza”, e non “per Trump”. Cruz e' sceso dal palco tra i fischi e i boo-boo della sala, e il momento di imbarazzo di Trump per il mancato endorsement del suo ex avversario si e' trasformato d'incanto in un plebiscito vocale a favore del nominato. Contro il proprio bizzarro calcolo, Cruz ha aiutato Trump a cementare il feeling con una base che e' sempre piu' convinta del suo nuovo leader. di Glauco Maggi @glaucomaggi

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