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Il futuro di Trump svelato dalla Brexit: perché diventerà presidente, in 5 punti

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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La Gran Bretagna ha votato 52 a 48 per lasciare la UE, cioè come avrebbe votato Trump secondo quanto lui stesso aveva dichiarato in un paio di interviste. Obama e Hillary, invece, si erano espressi molto nettamente a favore del “Remain” e hanno perso la scommessa. Il presidente Usa era arrivato a minacciare che un'uscita dalla unione economica europea avrebbe comportato la perdita dei benefici commerciali britannici oggi in vigore tra Usa e Ue, e la conseguente necessità di un nuovo accordo tra America ed Europa, con “la Gran Bretagna destinata ad essere messa in coda” per il suo ridotto peso rispetto al blocco degli altri 27 paesi. Barack pensa sempre “di essere dalla parte giusta della Storia”, ma e' stato sempre vero il contrario in tutta la sua condotta degli affari esteri. E la Brexit non fa eccezione. Le implicazioni giuridiche, economiche e finanziarie del voto sono ancora tutte da definire nel lungo termine (il clima attuale di panico delle borse sarà con ogni probabilità passeggero), non fosse altro che per il fatto che Londra e Bruxelles hanno due anni di tempo, secondo lo statuto della UE, per negoziare i termini dell'addio. Ma la ricaduta politica è stata immediata in Inghilterra, con David Cameron che ha annunciato le dimissioni, e potrebbe essere imminente, fra circa quattro mesi, negli USA che si preparano alla gara per la Casa Bianca: l'esito della vittoria della Brexit è già al centro dei commenti odierni dei leader dei due partiti, ma soprattutto è già un messaggio non equivoco di dove soffi il vento degli elettori. La Bbc, il network televisivo britannico, qualche giorno prima della consultazione era stata corretta nel descrivere il sentiment popolare che avrebbe potuto influenzare il referendum imminente. Katty Kay, di Bbc World News, aveva esposto cinque ragioni per cui una eventuale vittoria della Brexit sarebbe stata un segnale beneaugurante per la corsa di Trump verso la Casa Bianca. La Brexit ha vinto, ora tocca a Donald? Elettorato arrabbiato - Donald Trump e Boris Johnson, il leader inglese della Brexit, pescano nello scontento della gente. Nelle due parti dell'Atlantico molti sono convinti di essere vittime di cattivi accordi sulla loro pelle. I britannici biasimano i burocrati di Bruxelles, gli americani i politici di Washington. Johnson ha promesso un "migliore accordo" ai suoi concittadini liberandoli dal giogo delle regolamentazioni comunitarie, Trump dice la stessa cosa sull'oppressione delle regolamentazioni di Obama. Immigrazione - È il tema critico dominante delle due campagne. Alcuni economisti cercano di spiegare che l'impatto di questo fattore è minore relativamente a quello dei robot e dell'innovazione quale causa di disoccupazione e calo degli stipendi, Trump e Johnson puntano il dito sugli immigranti, siano dalla Macedonia o dal Messico. La realtà è che entrambi i governi di Londra e Washington hanno trattato molto male il problema. Gli Usa hanno confini porosi a sud, con 11 milioni di irregolari, e il Muro di Trump è sinonimo di bisogno di sicurezza e legalità. I britannici sono travolti, come il resto della Ue, dall'incubo dei migranti e dei rifugiati e Bruxelles non ha una risposta alla crisi. Globalizzazione - I lavoratori europei e americani si sentono vittime della globalizzazione. Se sei un operaio bianco gli effetti combinati della immigrazione, dei patti di libero commercio e della tecnologia hanno reso il tuo lavoro e il tuo stipendio meno sicuro. I governanti sulle due sponde dell'Atlantico hanno fallito entrambi nell'affrontare questa situazione. Orgoglio perduto - Lo slogan che Trump ha sul suo cappellino da baseball ai comizi, e che portava anche ieri nella conferenza stampa all'inaugurazione del campo da golf in Scozia, è “Fare ancora grande l'America”. È il messaggio che gli ha fatto vincere le primarie, in aperto contrasto con Obama che ha svilito il paese con il “giro globale di scuse”, dall'Egitto a Hiroshima, per le supposte malefatte dell'America. I britannici sono stati feriti nel loro orgoglio assistendo impotenti alla perdita della sovranità nazionale ceduta ad una commissione esterna di funzionari non eletti: lasciando la Ue si sentono più forti, migliori, più rispettati. Populismo - Offrire soluzioni semplici per complessi problemi è alla base del successo in politica: l'“hope and change” di Obama non era certo più articolato delle risposte di Johnson e Trump, che vogliono ricostruire la Gran Bretagna e l'America, tradite e in decadenza, rimettendo il potere in mano agli elettori. Nelle democrazie, del resto, e' la certezza di poter cambiare i governanti con il voto libero l'ultima, reale garanzia. di Glauco Maggi @glaucomaggi

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