Cerca
Cerca
+

Donald Trump, la ricreazione è finita: il (grave) errore nel momento dello scatto decisivo

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

Vai al blog
  • a
  • a
  • a

Sono stati i numeri a dire spietatamente che "la ricreazione e' finita" per Donald Trump, e che le speranze della meta' del paese che detesta la Clinton sono appese al fatto che lui l'abbia capito. Nel mese della strage di Orlando e della pessima notizia dei soli 38mila posti di lavoro creati dall'economia di Obama-Clinton, il nominato del GOP avrebbe dovuto capitalizzare nella percezione dell'opinione pubblica generale il vantaggio di essere considerato, secondo il sondaggio Gallup, piu' adatto di Hillary a gestire “sicurezza e terrorismo” (per 50 a 46), a promuovere la ripresa economica (per 53 a 43) e a creare nuova occupazione (per 52 a 45). Lui e' riuscito nell'opposto, trastullandosi con la paranoia verso il giudice che sarebbe prevenuto contro la sua Trump University perche' di etnia ispanica, e resuscitando il divieto di ingresso negli USA dei musulmani, indifendibile nella forma e controproducente perche' lo fa passare per razzista. Cosi', dalla sostanziale parita' nella media dei sondaggi nazionali di RCP che Trump aveva raggiunto una volta ottenuta la nomination, da qualche giorno Donald e' scivolato dietro di 6 punti, con il 39,2% contro il 45% della Clinton. Altri numeri che parlano da soli, riportati il 21 giugno dalla CNN: a fine maggio, mentre la campagna di Hillary aveva in banca 42 milioni di dollari, e 52 milioni il Super Pac esterno che la appoggia, nella cassa del miliardario c'era la misera somma di 1,3 miliardi da spendere in spot Tv e organizzazione. Messo alle strette dalla realta' negativa dei sondaggi, e dalle pressioni dei suoi figli e dei consiglieri piu' preoccupati ed accorti (Paul Manafort, esperto professionista repubblicano ufficialmente investito da un paio di mesi del ruolo di manager per la preparazione della Convention, piu' Newt Gingrich, Rudy Giuliani e Chris Christie), Trump ha fatto una prima mossa giusta licenziando Corey Lewandosky, che aveva guidato Donald alla vittoria nelle primarie con il motto “lasciate che Trump faccia il Trump”. Una volta nominato, Trump ha continuato a “fare il Trump”, ed e' stato un disastro. Non aveva capito, e Lewandosky con lui, che nella nuova fase in cui il GOP deve battere la Clinton i giornalisti mainstream hanno smesso di “divertirsi” per le mattane del Donald, che erano buone per eliminare via via Bush, Rubio, Kasich e Cruz, e si sono arruolati disciplinatamente nell'esercito mediatico solito, quello che ha ben chiaro l'obiettivo di tenere sempre e comunque un repubblicano fuori dalla Casa Bianca. In questa battaglia, avere accesso gratis ai network come e' avvenuto durante le primarie potra' essere piu' una trappola che un aiuto a Trump, e se sottovaluta il peso fondamentale che hanno i soldi per arrivare alla gente con messaggi televisivi efficaci e pungenti non ha speranza di successo. E' segno di tardivo rinsavimento che il nuovo staff che lo assiste abbia rimesso al centro della strategia l'obiettivo di raccogliere fondi in accordo con il Comitato Nazionale Repubblicano. Ma per convincere i donatori a sborsare soldi, e ce ne vogliono tanti visto che i DEM puntano a un miliardo, Trump deve dimostrare di saper vestire i panni presidenziali in ogni sua uscita da qui in avanti. Il discorso di New York di mercoledi' 22 in cui ha chiamato Hillary “campione mondiale delle bugie” e l'ha accusata di aver gestito il Dipartimento di stato e la Clinton Foundation come il suo “hedge fund privato per arricchirsi” non ha perso niente della carica aggressiva per cui Trump e' piaciuto a 13 milioni di votanti americani, ma ha aggiunto coordinazione e disciplina nell'esprimere i concetti e gli argomenti fattuali necessari a mettere in cattiva luce l'avversaria. Per parlare ha finalmente usato il teleprompter, la prova che e' uscito dallo spontaneismo valido quando vuoi trasmettere emozioni ma deleterio se vuoi far vedere di essere l'interprete di un lavoro di squadra che ha piani, contenuti, idee razionali. Il “nuovo” Trump ha un compito duro. Deve anzitutto convincere l'establishment repubblicano che ha cambiato registro e sta facendo sul serio, perche' una Convention unita ed entusiasta e' una condizione sine qua non. Per questo fine deve saper lavorare con Paul Ryan, che ha presentato un programma di lavori legislativi per la Camera che riguardano i temi cruciali di politica interna cari al GOP: le tasse da abbassare, le regolamentazioni da snellire, i piani per riformare l'assistenza previdenziale e sanitaria. Il Wall Street Journal (a firma Daniel Henninger) ha scritto che e' tempo per un “condominio”, una convivenza convinta e convincente tra Trump e Ryan, che occupa la terza carica del Palazzo (dopo il presidente degli Stati Uniti e il vice) in quanto Speaker della Camera e che sara' il chairman del GOP alla Convention di Cleveland. Ryan ha appoggiato Trump ufficialmente alcune settimane fa dopo averlo incontrato, accettando la propria responsabilita' di leader del partito che rispetta il volere dei votanti. Cosi' facendo ha di fatto ucciso le speranze dei NeverTrump in una cospirazione estiva che significherebbe sconfitta anticipata in luglio, prima della debacle di novembre. Ora sta a Trump fare la sua parte di adulto in politica, se ne e' capace come e' stato bravo a diventare miliardario lavorando tutta la vita da imprenditore nel settore privato. di Glauco Maggi

Dai blog